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di Paolo Pandolfini

Il Riformista, 14 novembre 2023

“L’epocale” riforma della giustizia non si farà. Si è - purtroppo - avverata la triste indiscrezione del Riformista della scorsa settimana. A confermarlo è stato l’altro giorno lo stesso Guardasigilli Carlo Nordio, intervenendo ad un convegno organizzato a Stresa da Fondazione Iniziativa Europa. Il motivo è la concomitanza con la riforma del premierato voluta da Giorgia Meloni e che impedirà alle Camere di “distrarsi” su una materia incandescente come quella, appunto, della giustizia. Troppo rischioso per la premier dover affrontare, come prevedibile non essendoci in Parlamento i numeri, due referendum costituzionali a stretto giro. Lo stop alla riforma della giustizia è una debacle per il ministro e per l’esecutivo che nel programma di governo presentato agli elettori lo scorso anno aveva ai primi punti previsto proprio un cambio di passo, realizzando i principi del processo accusatorio e ponendo fine all’anomalia tutta italiana del giudice e del Pm appartenenti alla stessa carriera.

La separazione delle carriere avrebbe poi avuto altre conseguenze, con quella di rivedere l’obbligatorietà dell’azione penale e l’assetto del Consiglio superiore della magistratura, bloccando l’ingerenza spartitoria dei gruppi associativi dell’Anm nelle nomine dei magistrati. Il bilancio di questo primo anno di governo in tema di giustizia è dunque quanto mai deludente.

A parte la riforma “epocale” che non si farà, gli unici provvedimenti approvati sono i decreti Rave, Cutro e Caivano che pur presentando la firma di Nordio sono stati scritti al Viminale. Un record, in negativo, che non ha precedenti nella storia della Repubblica e che stride con le tantissime esternazioni di Nordio. L’unico provvedimento voluto dall’ex Pm veneziano, il Ddl che porta il suo nome, è infatti impantanato in Commissione giustizia al Senato da prima dell’estate. Attualmente non è nemmeno iniziata la sua discussione e continuano ad essere allungati i tempi per la presentazione degli emendamenti, ora prorogati al 21 novembre. Eppure è un provvedimento di appena otto articoli, contenuto in nove pagine, che rimanda ad altre norme ‘futuribili’.

Tralasciando l’abolizione del reato di abuso d’ufficio, per il quale da indiscrezioni degli uffici di via Arenula il ministro è già pronto a fare marcia indietro a favore dell’ennesima modifica, gli altri interventi sono, come la collegialità dei provvedimenti cautelari, legati all’assunzione di magistrati e quindi, anche in caso di approvazione del Ddl, a regime fra almeno cinque anni dal momento che bisognerà prima bandire il concorso, espletare le prove, stilare la graduatoria, effettuare il previsto tirocinio per i vincitori e attendere l’assegnazione delle sedi.

Lo stop alla riforma della giustizia ha scatenato ieri le prevedibili reazioni dell’avvocatura che da anni attendeva una riforma rispettosa dei diritti e delle garanzie, confidando in un liberale come Nordio dopo l’oscurantismo manettaro dei grillini. “Apprendiamo da notizie di stampa che il governo avrebbe deciso di fermare l’iter di approvazione della legge costituzionale di riforma dell’ordinamento giurisdizionale, nell’ambito del quale è prevista anche la separazione delle carriere dei giudici e dei magistrati d’accusa, per trattare la proposta di riforma che mira ad introdurre il premierato”, hanno fatto sapere i penalisti. “Non vogliamo credere che così sia - aggiungono - perché sarebbe un grave segnale di debolezza della politica nei confronti della magistratura che ha sino ad ora manifestato nella sua parte prevalente, la propria contrarietà ad ogni intervento che modifichi, in qualunque senso, lo status quo. Non vogliamo crederlo perché la riforma dell’ordinamento giurisdizionale è un preciso impegno assunto dalla maggioranza che governa il paese e scegliere di non darvi impulso fin dall’inizio della legislatura, equivarrebbe ad un grave errore”. “La riforma appare indispensabile per sanare gli squilibri che hanno determinato la crisi della magistratura, in quanto una magistratura autorevole e legittimata dalla fiducia dei cittadini è un bene prezioso per ogni democrazia degna di questo nome, che non può essere negoziato o svenduto a fronte di ragioni di opportunità”, puntualizzano gli avvocati.

La riforma la separazione delle carriere, per altro, era nata dall’iniziativa popolare testimoniata dalle oltre 77.000 firme raccolte dall’unione delle Camere penali italiane. “Il governo aveva annunciato che, trascorsa l’estate, avrebbe presentato un proprio disegno di legge e così ha ottenuto di sospendere l’iter parlamentare della riforma. Non riprendere tale percorso vorrebbe dire venire meno agli impegni assunti nei confronti del proprio elettorato e nei confronti di tutti i cittadini che hanno sottoscritto la proposta di legge costituzionale”, concludono i penalisti. “Il Parlamento stava lavorando seriamente alla separazione delle carriere. A marzo il governo ha annunciato che dopo l’estate avrebbe presentato un suo Ddl ed il Parlamento si è fermato.

Ma era solo un escamotage dilatorio in attesa del Ddl sul premierato. Una truffetta da ciarlatani”, il commento al vetriolo di Enrico Costa, deputato e responsabile giustizia di Azione. Nel mirino, oltre a Nordio, ci sarebbe il vice ministro della giustizia Francesco Paolo Sisto. L’ex avvocato di Silvio Berlusconi, forzista della prima ora che lo scorso anno ha rischiato per qualche giorno di essere nominato Guardasigilli, secondo quanto riportato questa volta da Repubblica, starebbe frenando sulla riforma in cambio di essere nominato giudice della Corte Costituzionale.

“Deve accattivarsi l’opposizione”, “non vuole andare contro i magistrati”, sottolinea il quotidiano del gruppo Gedi. Silenzio tombale da parte di Antonio Tajani. Eppure era stato Nordio a rammaricarsi nei mesi scorsi del fatto che Silvio Berlusconi non avesse potuto vedere l’approvazione di una riforma “radicale in senso garantista”. Un finale veramente inglorioso dopo tante aspettative e che farà rivoltare nella tomba Niccolò Ghedini.