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di Paola Rossi

Il Sole 24 Ore, 8 luglio 2023

La destinazione a pubblico servizio lascia procedibile d’ufficio il reato. Le novità procedurali riguardano solo sentenze appellate. La Riforma Cartabia nelle sue prime applicazioni offre alla Corte di legittimità la possibilità di affermare principi atti a guidare il lavoro dei giudici di merito a fronte dell’intervenuta novella sia sul piano penale sostanziale che procedurale.

Appello cautelare - Il primo caso risolto riguarda la previsione in caso di impugnazione dell’obbligo di presentare dichiarazione di elezione di domicilio oltre a dare al difensore mandato ad hoc per impugnare. Si tratta del comma 1 ter introdotto nel corpo dell’articolo 581 del Codice di procedura penale.

Con la sentenza n. 29321/2023 la Corte di cassazione penale chiarisce in primis che la norma della riforma anche alla luce della lettura della legge delega parla di impugnazioni di “sentenze” e decide che l’adempimento introdotto riguarda solo quelle che siano state già pronunciate al momento dell’entrata in vigore della novella.

Ma il nodo centrale della decisione di legittimità sta nell’aver escluso che la nuova regola si applichi anche all’appello cautelare con cui si impugna il provvedimento che applica le misure. Per cui la Cassazione bocciando il ragionamento del giudice di merito che aveva invece ricompreso l’impugnazione della misura cautelare nella novità della riforma ha annullato il rigetto dell’appello promosso dal ricorrente e rinviato a nuovo giudizio.

Furto aggravato dalla destinazione del bene a pubblico servizio - L’altro caso riguarda la norma della Riforma Cartabia che ha previsto la procedibilità a querela di parte del furto anche nella forma aggravata dell’esposizione del bene alla pubblica fede affermando che tale regola non va estesa all’aggravante della destinazione del bene a pubblico servizio. Quindi il furto commesso in circostanze aggravanti quale la destinazione pubblica del bene lascia il reato perseguibile d’ufficio. L’interpretazione espressa con la sentenza n. 29329/2023 riguardava un furto di energia elettrica. E la Cassazione spiega che l’allaccio abusivo a un terminale posto in una proprietà privata non esclude in sé la destinazione a pubblico servizio del bene energia elettrica.