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di Andrea Priante

Corriere Veneto, 10 gennaio 2023

Il presidente della Corte d’Appello di Venezia Carlo Citterio difende la riforma: “Uffici subissati di cause in cui neppure la parte lesa ha più interesse alla sentenza”. “Una persona non deve restare sotto processo per tutta la vita. È inaccettabile. Questa riforma, una volta a regime, ridurrà i tempi della Giustizia, e garantirà sia i diritti degli imputati che quelli delle parti offese”. Il presidente della Corte d’Appello di Venezia, Carlo Citterio, ha fatto parte della Commissione Lattanzi istituita nel 2020 dall’ex ministro Marta Cartabia con l’obiettivo di elaborare delle proposte di riforma in materia di processo e sistema sanzionatorio penale. Da lì sono scaturite alcune delle proposte poi rielaborate nella riforma che porta il nome dell’ex Guardasigilli e che - con la sua entrata in vigore il 30 dicembre - sta sollevando parecchie critiche anche nella nostra regione, specie dopo che alcuni ladri sorpresi a Jesolo (ma il giorno dopo è ricapitato con un malvivente catturato a Vicenza) sono tornati liberi perché mancava la querela della vittima. Il “capo” dei tribunali veneti, invita però ad avere pazienza: “Si tratta di un cambiamento epocale del sistema-Giustizia, è presto per giudicare la riforma” assicura Citterio.

Presidente, i procuratori già lanciano l’allarme: in Veneto rischiano di saltare migliaia di processi perché manca la querela della parte offesa…

“Probabilmente è vero: in questa prima fase i tribunali dovranno rintracciare le presunte vittime di alcuni tipi di reato e invitarle, nell’arco di poche settimane, a presentare querela. Non sarà facile, ma è fisiologico che, all’inizio, ci sia qualche disagio. Non dimentichiamo che una riforma della giustizia era invocata da tutti e necessaria: se invece di focalizzarci sul singolo episodio si guarda a questa legge nel suo complesso, si scoprirà che i vantaggi superano di gran lunga le criticità. Per esempio l’applicabilità da subito delle pene sostitutive, che oggi possono esserlo solo dopo tre gradi di giudizio, o la nuova disciplina del processo di appello. Semmai il problema è che ora, per non farla fallire, occorre un cambio di mentalità”.

Si riferisce alle vittime di reato?

“Non solo. Certo, i cittadini impareranno che, in alcuni casi, per portare avanti i processi serve una querela. Ed è giusto che sia così: attualmente i tribunali sono subissati di processi che vanno avanti nonostante perfino la parte lesa non sia affatto interessata ad arrivare alla sentenza. Questo ovviamente rallenta l’intera macchina della Giustizia, e ora speriamo non sarà più così. Ma il cambio di mentalità deve riguardare anche avvocati e magistrati, visto che con la riforma vengono valorizzati i riti alternativi e, soprattutto, le procure sanno che, in sede di udienza preliminare, il giudice dovrà pronunciare sentenza di non luogo a procedere ogni volta che gli elementi acquisiti non consentiranno una ragionevole previsione di condanna. Inoltre viene predisposta un’udienza predibattimentale per i delitti meno gravi, sempre con la finalità di filtrare i procedimenti. Infine, nel caso di mancanza di specificità dei motivi, l’appello diventa inammissibile. Questo, e altro ancora, si spera basti a ridurre il numero dei processi di primo e secondo grado che si concludono, dopo anni, con l’assoluzione dell’imputato”.

La riforma spinge molto verso forme di condanna “riparativa”…

“Per le condanne più lievi si studiano alternative al carcere, come i lavori socialmente utili. E in questi casi la sentenza di condanna diventa inappellabile. Sia chiaro: non significa che il reo non “pagherà” per le proprie colpe, ma l’obiettivo principale dev’essere sempre quello di una rieducazione della persona e della riparazione del danno, anche nei confronti della società”.

La riforma Cartabia si prefissa di diminuire la durata media dei processi penali del 25 per cento entro il 2026...

“La situazione attuale è inaccettabile: tra processi e ricorsi ci sono persone che passano la vita nelle aule giudiziarie. Siamo arrivati al punto che molti procedimenti si concludono perché, nel frattempo, subentra la morte del reo”.

Resta che arrivano molte voci critiche. C’è perfino chi chiede di cancellare l’intera riforma. Cosa risponde?

“La legge è frutto di un compromesso, come sempre in politica. Per la mia esperienza, posso dire che quando nessuno è contento spesso significa che si è lavorato bene, senza sposare il punto di vista di una sola componente del mondo della giustizia. È evidente che alcune di queste “voci critiche” arrivano da persone che non hanno approfondito per intero il testo della legge, dove invece tutto è collegato. Le invito a farlo; capiranno che va nella direzione di rispettare i diritti delle persone: delle potenziali vittime, ma anche degli indagati, assicurando tempi più celeri di definizione dei processi, dei risarcimenti e della riparazione dei torti, con sanzioni adeguate di tempestiva esecuzione”.