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di Paola Rossi

Il Sole 24 Ore, 10 marzo 2023

Il ricorso per cassazione contro il riconoscimento della sentenza esecutiva straniera non riapre la fase di cognizione. La decisione con cui la Corte di appello riconosce una sentenza straniera e stabilisce che l’esecuzione della pena va scontata in Italia non fa regredire il processo alla fase di cognizione. Infatti, la richiesta di esecuzione della condanna elevata all’estero pone la Corte di appello nel ruolo di giudice dell’esecuzione e non del merito.

In base a tale presupposto va affermato che solo ai procedimenti pendenti in primo o in secondo grado alla data del 30 dicembre 2022 sono applicabili le nuove regole della Riforma Cartabia sulla conversione delle pene detentive brevi in quelle sostitutive.

La Corte di cassazione, con la sentenza n. 10086/2023, ha perciò rigettato il ricorso del condannato con sentenza straniera, che deve scontare la pena in Italia. Di fatto, la Cassazione respinge l’argomento della retrocessione del processo nella fase di merito al momento in cui la Corte di appello giudica sul riconoscimento della sentenza straniera di condanna.

Quindi, una volta stabilità l’esecutività della pena in Italia il processo entra nella fase dell’esecuzione e non è quindi pendente. L’impugnazione ante 30 dicembre 2022 di fronte ai giudici di legittimità della decisione della Corte di appello di riconoscimento della sentenza straniera non determina la pendenza del giudizio come individuata dalla Riforma e non è quindi applicabile l’articolo 95 del Dlgs 150 /2022.

Va precisato che la norma della Riforma invocata dal ricorrente prevede oltre all’applicabilità della novella ai procedimenti pendenti davanti ai giudici di merito anche l’applicabilità a quelli pendenti in sede di legittimità, ma solo per pene irrogate in misura inferiore a quattro anni. In tale ultimo caso è previsto un procedimento ad hoc dinanzi al giudice dell’esecuzione.