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di Marco Conti

 

Il Messaggero, 31 maggio 2020

 

A sentire il ministro della Giustizia, la riforma dei meccanismi di elezione del Csm sembra in dirittura di arrivo, anche se un testo condiviso ancora non c'è e Alfonso Bonafede non ha ancora fissato l'appuntamento per consultare - come promesso - anche l'opposizione e i vertici dell'Anm e delle Camere penali.

Nell'ultimo incontro di maggioranza al ministero di largo Arenula, il Guardasigilli ha promesso a Walter Verini, Andrea Giorgis, Alfredo Bazoli, Franco Mirabelli, Piero Grasso, Federico Conte e Lucia Annibali, una nuova bozza per la prossima settimana. La nota del Quirinale di venerdì ha indubbiamente impresso una nuova accelerazione al tentativo di riforma.

Così come contribuiscono le intercettazioni scaturite dal trojan inserito nel cellulare del giudice Luca Palamara, che svelano un sistema spartitori o in grado di travolgere tutte le correnti dell'Anm. Anche se l'intesa non è stata ancora raggiunta, l'abbandono del sistema del sorteggio da parte del ministro ha spostato la discussione su un sistema elettorale a due turni. Circoscrizioni piccole con tre preferenze di diverso peso a seconda dell'ordine, e la possibilità di essere eletto per chi raccoglie più preferenze di "tipo uno" e ballottaggi tra i migliori secondi e i migliori terzi.

Una proposta, quella del ministro, che ricalca il sistema australiano ed è anche simile a quella del centrodestra che però componeva la platea dei candidati con il sistema del sorteggio. Da ciò che è emerso dai due incontri che il ministro ha avuto con i responsabili giustizia dei partiti di maggioranza, l'intervento avverrebbe fatto con legge ordinaria e quindi non si stravolge il meccanismo della disciplinare dove verrebbe però stabilita l'incompatibilità con l'appartenenza ad altre commissioni.

Non è ancora chiaro il destino dell'attuale Csm in caso di approvazione della riforma. Il Pd non sembra intenzionato a precipitare i tempi proprio per non delegittimare - attraverso la riforma - l'attuale assetto, mentre i renziani si attendono una riforma più coraggiosa e che incida anche sulla Costituzione. Bonafede, dopo due anni di stand-by, ha invece fretta di concludere arrivando alla legge delega che poi avrà bisogno di tempi non brevi per i decreti attuativi.

L'obiettivo è quello di portare in aula il testo per la fine di giugno, ma occorre vedere che peso avranno gli incontri promessi con l'opposizione e con i magistrati e gli avvocati. Questi ultimi sono ancora in attesa di sapere che fine farà la legge di iniziativa popolare sulla separazione delle carriere, ora in commissione, frutto di una raccolta di firme delle camere penali e dei radicali.

Pd e M5S sono tentati dall'emendamento soppressivo, ma non sarà facile cancellare con un colpo di spugna 80 mila firme. C'è poi il capitolo opposizioni che ieri hanno accolto con soddisfazione le parole contenute nella nota del Quirinale. Sulla necessità della riforma dei meccanismi di elezione dei membri del Csm sono tutti d'accordo e ora si attendono dal ministro "un incontro che non sia una semplice comunicazione delle decisioni già prese".