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di Federico Capurso

La Stampa, 2 marzo 2024

A ogni leader la sua bandiera. Giorgia Meloni ha il premierato, Matteo Salvini l’autonomia differenziata. E Antonio Tajani? Dopo il congresso di Forza Italia, il leader azzurro si è reso conto di non avere in mano ancora nulla da sventolare. Un problema non da poco, nel pieno della campagna elettorale perle Europee di giugno. E così, ecco che un vecchio pallino berlusconiano rispunta improvvisamente fuori dal cassetto in cui era stato chiuso: la proposta di riforma costituzionale per la separazione delle carriere dei magistrati arriverà in Aula, alla Camera, il prossimo 25 marzo.

La decisione è stata presa giovedì sera dall’ufficio di presidenza di Montecitorio. “Forza Italia vuole accelerare l’approvazione di una riforma fondamentale”, dice il capogruppo alla Camera dei forzisti, Paolo Barelli. I forzisti sembrano però prevedere le obiezioni che arriveranno, soprattutto dagli alleati. Barelli ricorda quindi che la separazione tra giudici e pubblici ministeri “è parte del programma di governo e ha già scontato un lungo percorso di audizioni in commissione Affari costituzionali”.

Insomma, inizia a metter giù i sacchi di sabbia. E non è una cattiva idea, perché infatti, puntualissimi, arrivano gli “amici” leghisti con una buona dose di perplessità: “Non è nemmeno finito il lavoro in commissione - fa notare un fedelissimo di Salvini. Sarebbe più prudente terminare il percorso”. Nella Lega preoccupa il possibile sorpasso di Forza Italia alle Europee; figurarsi se vogliono dare benzina alla campagna elettorale di Tajani. Dentro Fratelli d’Italia sono ancora più netti: “La separazione delle carriere non arriverà mai in Aula a marzo”, scommettono dal partito, con il piglio di chi sa di avere in mano il bastone del comando.

D’altronde, fanno notare, “il patto è che venga approvata prima la riforma per il premierato, poi quella per la separazione delle carriere”. Si respira un certo nervosismo. Anche dalle parti di Palazzo Chigi, perché il premierato dovrebbe essere approvato in Senato in prima lettura prima di giugno, ma al momento l’obiettivo è piuttosto lontano: “Andando avanti così, rischiamo di chiudere dopo l’estate, forse persino a dicembre”, ammette il presidente della commissione Affari costituzionali, Alberto Balboni, un fedelissimo di Meloni.

Nella sua commissione, dove è in discussione il testo, è rimasto tutto fermo in queste ultime settimane e i lavori riprenderanno solo martedì, “ma il Pd e l’Alleanza verdi-sinistra stanno facendo ostruzionismo, hanno presentato una valanga di emendamenti. Alcuni li ho giudicati inammissibili, ma ne restano un migliaio da votare”. Per Fratelli d’Italia va quindi trovata una via d’uscita, e anche presto.

“La soluzione - propone Balboni - potrebbe essere quella di chiudere qui il lavoro in commissione e portare il testo direttamente in Aula, dove i tempi sono contingentati”. Una tattica che, di consueto, non viene utilizzata per un provvedimento delicato come una riforma costituzionale, “ma se l’ostruzionismo è legittimo, ha anche un suo limite: non può trasformarsi nella dittatura della minoranza, che impone la sua volontà sulla maggioranza”, si difende il senatore di FdI. Qualche problema lo sta incontrando anche la legge sull’autonomia differenziata, che è invece in discussione in commissione alla Camera.

Le opposizioni, qui, hanno presentato la richiesta di centinaia di audizioni e i Cinque stelle promettono battaglia. Per lo meno Forza Italia, che aveva lanciato dichiarazioni guerresche durante il congresso nazionale del partito, la scorsa settimana, non sembra intenzionata a mettere bastoni tra le ruote al provvedimento leghista. In fondo, “se anche venisse approvato il testo, l’autonomia sarà inattuabile per molto tempo. Forse, con tutte le clausole inserite già in Senato, non arriverà mai”.

Basterebbe però una piccola modifica per rinviare il testo in Senato per un ulteriore passaggio e mandare in fumo, così, il progetto di Salvini di brandire la bandiera identitaria leghista in campagna elettorale. In fondo, finora le riforme dell’autonomia e del premierato sono andate avanti perché mosse da un “ricatto” reciproco: senza l’una, non può esserci l’altra. Adesso però anche Forza Italia vuole la separazione delle carriere dei magistrati, il suo vessillo da mostrare agli elettori. L’ultimo equilibrio rimasto nella maggioranza, così, rischia di saltare.