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di Giovanni Bianconi

Corriere della Sera, 16 giugno 2023

I distinguo della corrente di destra e il ruolo di Mantovano. Nordio è espressione di un governo che ha nel suo programma alcune delle riforme tentate e fallite da Berlusconi. Carlo Nordio non è il primo magistrato entrato in via Arenula come ministro. Nel 1995, nel 2008 e nel 2011 ci furono le (brevi) parentesi di Filippo Mancuso, Luigi Scotti e Francesco Nitto Palma; ciascuno per pochi mesi, non ebbero rapporti sempre sereni con gli ex colleghi. Soprattutto Mancuso, che coltivò le ostilità con il pool milanese di Mani pulite aperte dal primo governo Berlusconi. L’esperienza di Nordio è destinata a durare più a lungo, ma le relazioni con le toghe si annunciano ugualmente agitate. Sebbene i tempi siano cambiati e la magistratura (perlomeno quella raccolta nelle correnti e rappresentata dall’Associazione nazionale magistrati) sembri meno compatta nella contrapposizione al potere politico.

Cambio di stagione - Le ragioni sono molte, e una è l’uscita di scena (ancor prima della scomparsa) di Silvio Berlusconi nella doppia veste di premier indagato o imputato che non disdegnava accusare apertamente pubblici ministeri e giudici, e piegare leggi e riforme alle sue personali esigenze difensive. Superata quella fase che strinse tutte le toghe a presidio di autonomia e giurisdizione, Nordio è ora espressione di un governo che ha nel suo programma alcune delle riforme tentate e fallite dal leader di Forza Italia. A cominciare dalla “madre” di tutte le altre: la separazione delle carriere tra pm e giudici, che lo stesso ministro ha promesso di proporre entro la fine dell’anno.

Sarà un percorso lungo, perché implica modifiche alla Costituzione, e in attesa di quel traguardo il Guardasigilli ha messo sul tavolo un primo disegno di legge che ai magistrati non piace. Ai procuratori, prima ancora che all’Anm; quelli ascoltati in Parlamento o dai mezzi di comunicazione hanno bocciato pressoché all’unanimità l’abolizione dell’abuso d’ufficio. E il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia ha voluto sottolineare che “non ascoltare il parere tecnico di colleghi qualificatissimi sul piano delle indagini sembra una scelta poco avveduta”.

Ma quella del presidente - esponente di Area, una delle correnti della sinistra giudiziaria insieme a Magistratura democratica - è e resterà la posizione di tutta l’Anm? L’attuale Giunta riunisce Area, i “centristi” di Unità per la costituzione e la destra di Magistratura indipendente; un “governo” che di fronte a un conflitto dal sapore inevitabilmente politico potrebbe veder incrinare la propria compattezza.

Posizioni distinte - Il segretario di Mi Angelo Piraino, interpellato qualche giorno fa sull’abrogazione dell’abuso d’ufficio, prima di dire che “la magistratura può certamente dare un contributo di carattere tecnico” (posizione ribadita ieri dal segretario dell’Anm Casciaro, anche lui di Mi), ha premesso che “si tratta di scelte discrezionali che competono alla politica”. Un’ovvietà che però qualcuno ha potuto leggere come una distinzione dalla posizione del presidente dell’Anm. Tanto più alla vigilia dell’assemblea sul caso Uss (il russo reclamato dagli Usa fuggito dagli arresti domiciliari, per il quale Nordio ha avviato l’azione disciplinare contro tre giudici di Milano) che ha confermato lo stato d’agitazione senza lo sciopero.

Su quella vicenda l’Anm è rimasta ferma e unita nell’accusa al governo di “attentare all’indipendenza della magistratura per ragioni politiche contingenti, allo scopo di superare una impasse diplomatica”. Quanto alle riforme, ci si è limitati a denunciare una “accresciuta preoccupazione per le riforme costituzionali che mirano a modificare l’assetto della magistratura”.

Non una parola sull’abuso d’ufficio e le altre modifiche ai codici approvate dal governo e partorite dagli uffici ministeriali dove Nordio ha chiamato a lavorare diverse toghe aderenti a Mi: corrente che ha vinto le ultime elezioni per il Csm e che i colleghi degli altri gruppi sospettano abbia un filo diretto non tanto con il ministro quanto con il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano. Magistrato pure lui, ex deputato e uomo di fiducia della premier Giorgia Meloni per tutto ciò che attiene ai problemi della giustizia.

La linea del Piave - Se i sospetti fossero anche solo parzialmente fondati, significherebbe avere una sorta di sponda governativa dentro l’Anm che frenerebbe e limiterebbe l’impatto delle proteste contro le riforme. A cominciare da quelle appena varate. L’annunciata separazione delle carriere è una linea del Piave dove finora si sono attestati anche i “moderati” di Mi. Le prossime mosse diranno se in futuro lo sarà ancora per l’intera magistratura, o solo una parte.