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di Giuseppe Salvaggiulo

La Stampa, 20 aprile 2022

L’obiettivo emerso dalla riunione tra i ministri della Giustizia Marta Cartabia e dei Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà con i responsabili giustizia dei partiti di maggioranza è arrivare all’approvazione già giovedì pomeriggio.

La riforma del Csm, sia pure a fatica, avanza. La discussione generale è in corso alla Camera e l’accordo di maggioranza sembra tenere, nel senso di non zavorrarla di ulteriori emendamenti che si tradurrebbero nell’ennesimo fuoco (amico?) incrociato. Come ampiamente annunciato, e ribadito in aula da Cosimo Ferri con un intervento molto polemico, solo Italia Viva dovrebbe astenersi tra i partiti che sostengono il governo Draghi.

Ma si tratta di una scelta che non mette a rischio l’approvazione della riforma. L’obiettivo emerso dalla riunione tra i ministri della Giustizia Marta Cartabia e dei Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà con i responsabili giustizia dei partiti di maggioranza è arrivare all’approvazione già giovedì pomeriggio, senza che il governo ricorra alla fiducia. Il fattore tempo è determinante: la riforma dovrà poi passare al Senato e, una volta approvata definitivamente, tornare al ministero per le norme attuative, necessarie per poter rinnovare il Csm (in scadenza) con il nuovo sistema elettorale.

Contemporaneamente, l’Associazione nazionale magistrati riunisce il suo comitato direttivo, per decidere le forme di protesta contro una riforma che scontenta la stragrande maggioranza delle toghe. “Quella di oggi non è una pressione sul potere politico, ma anzi un momento di alta democrazia. Lo sciopero è uno degli strumenti di protesta, sicuramente forte, spero non si debba arrivare a questo, perché spero che alcune parti della riforma possano essere attenuate”, dice il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia.

Ma sorpresa si leva una voce contraria allo sciopero da parte della storica componente progressista, Magistratura Democratica. Con una lettera riservata recapitata questa mattina al presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia, Magistratura Democratica non lesina critiche alla riforma, “inadeguata a incidere sulle patologie emerse” con il caso Palamara “che hanno messo in discussione la nostra credibilità”. In particolare, destano “preoccupazione” l’ispirazione a una “malintesa idea di meritocrazia degenerata in carrierismo e la tendenza a rafforzare gli elementi di gerarchia interni” tra capi degli uffici e magistrati semplici.

La lettera si sofferma anche sul sistema elettorale maggioritario “che sgancia i candidati dal territorio in cui possono aver dimostrato la loro credibilità e garantisce a pochi centri decisionali la possibilità di governare l’elettorato”; sulla separazione delle funzioni “che è in frizione con il dettato costituzionale” e schiaccia il pubblico ministero “in una dimensione esclusivamente accusatoria” e antigarantista; sulle valutazioni di professionalità “che rischiano di arretrare la cultura dei magistrati” in chiave conformista e piramidale.

Fin qui si tratta di posizioni largamente condivise. Ma Md critica anche l’Anm, “la cui azione ci è apparsa intempestiva, priva di una sana autocritica, timida e incapace di proposte, avendo privilegiato la conservazione dell’esistente”, il che l’ha resa irrilevante nel dialogo con governo e parlamento. E si sgancia da altre correnti nella valutazione sulla strategia, temendo che lo sciopero suoni come “una difesa corporativa del nostro status” laddove “la riforma danneggia soprattutto i cittadini”.