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di Paolo Pandolfini

Il Riformista, 19 agosto 2023

La “ciambella di salvataggio” di Nordio permetterà alle toghe, in caso di un via libera quanto mai difficile da parte del Parlamento, di guadagnare tempo prezioso sulle spalle degli imputati. “È certamente il modo peggiore per ricordare il compianto Niccolò Ghedini ad un anno esatto della sua prematura scomparsa”, ha affermato ieri un parlamentare di Forza Italia che ha chiesto l’anonimato per non esacerbare ancora di più gli animi all’interno della maggioranza che sostiene il governo di Giorgia Meloni.

Oggetto del contendere questa volta è la riforma della prescrizione che il ministro della Giustizia Carlo Nordio si appresterebbe a presentare in Parlamento. Il testo, anticipato da Repubblica, prevederebbe l’inizio del decorso della prescrizione non più dal momento del compimento del fatto reato ma dalla sua scoperta. Una bella differenza in quanto darebbe ai Pm un potere discrezionale immenso. “Dal Ministero oggi (ieri per chi legge, Ndr) non è arrivata alcuna smentita”, prosegue l’anonimo parlamentate forzista “e questo non può non creare imbarazzo”.

“Forza Italia si opporrà in tutti i modi, anche per rispetto alla memoria di Ghedini, ad una riforma del genere che è la negazione stessa del principio costituzionale del giusto processo. Gli unici ad essere contenti saranno i Pm”, conclude il deputato azzurro. L’anticipazione di Repubblica non era comunque passata inosservata in questi giorni di vacanza.

“Non siamo dei passacarte, le leggi le scrive il Parlamento e non i burocrati del ministero”, aveva dichiarato al Dubbio Pietro Pittalis, vice presidente della Commissione giustizia della Camera e sottoscrittore di uno dei dl proprio sulla riforma della prescrizione insieme a Ciro Maschio (FdI) ed a Enrico Costa (Azione). “Sono terminate le audizioni e dalla prima settimana di settembre inizierà l’esame del testo” aveva ricordato sul punto Pittalis. Il sospetto da parte degli esponenti forzisti è che dietro la sortita di Ferragosto sulla prescrizione ci possa essere lo zampino dei magistrati distaccati fuori ruolo a via Arenula.

Potrebbero essere loro gli autori di questa riforma che è chiesta da anni a gran voce dai colleghi delle procure. Non è un mistero, poi, che ci siano perplessità sul modo in cui Nordio stia gestendo i dossier più delicati. Il ministro il mese scorso ha firmato il decreto per la super task-force sulla riforma del processo penale. Presieduta da Antonello Mura, capo ufficio legislativo ed ex procuratore generale presso la Corte d’appello di Roma, la task-force è composta quasi esclusivamente da magistrati. Scorrendo i quarantadue nomi che la compongono, trenta sono infatti magistrati, di cui ben dieci in servizio presso l’ufficio legislativo di via Arenula. Fra i non togati si segnala il presidente ed il segretario delle Camere penali, un rappresentante del Consiglio nazionale forense, quattro professori universitari, la segretaria particolare di Nordio.

Una composizione che non può non sollevare dubbi circa i ‘rapporti di forza’ al suo interno e che dovrebbe mettere sul banco degli imputati i Pm. Le statistiche convergono da anni ormai sul fatto che la prescrizione in due casi su tre matura durante la fase delle indagini preliminari. Un dato che rendeva inutile il blocco della prescrizione dopo la sentenza di primo grado, sia in caso di assoluzione che in caso di condanna, voluto dall’allora ministro della giustizia Alfonso Bonafede (M5S). Su questo aspetto lo stesso Consiglio superiore della magistratura in un parere aveva sottolineato che tale riforma non era idonea “ad incidere sul funzionamento del processo penale accelerandone la conclusione, non contenendo alcuna previsione in tal senso”.

“A sistema giudiziario invariato, non può non escludersi che i gradi di giudizio successivi al primo, all’esito del quale interverrà la causa di sospensione della prescrizione, si svolgano più lentamente che in passato, venendo meno uno dei principali fattori che determinano, di norma, un’accelerazione dei tempi di definizione dei processi, legato al pericolo di prescrizione del reato sub iudice” avevano aggiunto dal Csm ricordando i pericoli di “un effettivo allungamento dei processi con importanti ricadute sulla posizione delle vittime di reato e degli imputati. Rispetto a primi la domanda di giustizia rischierebbe di trovare definitiva soddisfazione solo dopo il decorso di molti anni dal fatto. Rispetto agli imputati si deve assicura la ragionevole durata del processo e scongiurare che su di loro possano essere riversate le inefficienze del sistema, come accadrebbe se si giungesse a concepire in processo tendenzialmente illimitato”.

Criticità che la successiva riforma voluta dalla Guardasigilli Marta Cartabia aveva voluto risolvere, pressata dall’Europa che ha chiesto all’Italia la riduzione de tempi processuali per accedere ai fondi del Pnrr, introducendo l’istituto dell’improcedibilità trascorsi due anni senza che sia stato celebrato l’appello. Alla prova dei fatti, però, più della metà delle Corti d’appello non sono attualmente in condizione di celebrare un processo rispettando tali tempistiche, determinando una “ingiustificata e irrazionale rinuncia dello Stato al dovere di accertamento dei fatti e delle eventuali responsabilità sul piano penale, rispetto ad un reato certamente non estinto”, aveva evidenziato sempre il Csm. Ecco, allora, la ‘ciambella di salvataggio’ by Nordio che permetterà alle toghe, in caso di un via libera quanto mai difficile da parte del Parlamento viste le premesse, di ‘guadagnare’ tempo prezioso sulle spalle degli imputati. Alla faccia dei princìpi liberali e garantisti sempre sbandierati dal Guardasigilli.