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di Francesca Sabella

Il Riformista, 18 gennaio 2024

Giustizia ritardata è giustizia negata, diceva Montesquieu. Potremmo apportare un piccolo cambio alla citazione del celebre filosofo e giurista francese: riforma ritardata, riforma negata. Perché della Riforma della Giustizia, nella quale liberali e garantisti, avevano finalmente intravisto uno spiraglio di speranza (quella di vivere in uno Stato di diritto e garantista!) pare essere quasi svanita nel nulla. Ogni tanto si riaffaccia, timida, dalle colonne di qualche giornale, dalle dichiarazioni del ministro Carlo Nordio.

E così ieri mentre al Senato la commissione Giustizia terminava l’esame degli emendamenti che portano la firma di Nordio, il Ministro ha parlato alla Camera. Ha posto l’accento sulle intercettazioni: “Rischiamo di cadere in un nuovo barbaro medioevo reso più sinistro e duraturo da limiti o risorse della tecnologia. Oggi c’è molto di più dei trojan. Per fortuna una sentenza della Corte costituzionale ha definito il cellulare qualcosa di molto più importante. Chi sequestra un cellulare, sequestra una vita”. Vero, verissimo. Come intende quindi andare avanti? Non è stato chiarito. Per ora rimane una buona intenzione. Poi il cavallo di battaglia (che pare essersi però azzoppato) del Guardasigilli: la separazione delle carriere.

“I poteri immensi del Pm sono un pericolo, la separazione delle carriere è nel programma del governo, è un impegno con gli elettori, intendiamo andare avanti e non andremo alle calende greche”. Mai cosa più giusta fu detta: quindi, quando si fa questa benedetta separazione? E basta con questa solfa che così il Pm finirebbe sotto il controllo dell’esecutivo: falso. Lo sa l’esecutivo e lo sanno i Pm. Nel frattempo, mentre si discute siamo al diciottesimo giorno del nuovo anno e in carcere ci sono già stati 14 suicidi: quasi uno al giorno. L’anno scorso quasi settanta detenuti che hanno scelto di togliersi la vita dietro le sbarre.

Si potrebbe tornare quindi a parlare anche delle pene alternative al carcere? Di quelle questioni prima messe sul tavolo e poi sepolte da faldoni di carta, per lo più da provvedimenti populisti che solleticano la pancia dei cittadini con un tempismo quasi impressionante. Basti guardare i 15 nuovi reati inseriti nel codice penale, l’inasprimento del regime delle intercettazioni telefoniche, l’aumento delle pene per reati già esistenti, agli inasprimenti del regime penitenziario e quanto questo Governo sia affezionato al binomio: pena-carcere. Pare irrinunciabile, segno di una cultura che non vuole cambiare e che getta un po’ di fumo negli occhi, quel tanto che basta per far credere che in lontananza ci sia ancora quella rivoluzione liberale e garantista tanto promessa e tanto sperata. Pare non esserci.