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di Carla Dini

Corriere della Romagna, 16 agosto 2023

Scarafaggi, acqua fredda e fornelli accanto al water. Agosto in carcere non significa solo caldo soffocante o nostalgia dei propri familiari, mentre la città festeggia il Capodanno d’estate con i piedi a mollo e la testa sgombra di pensieri. Sono condizioni di vita pericolose e degradanti quelle che affliggono da anni la prima sezione del carcere circondariale di Rimini.

Un luogo dove ieri mattina si è recata in visita una delegazione, su iniziativa del Partito radicale, nell’ambito dell’iniziativa nazionale “Agosto in carcere” che prevede il monitoraggio di oltre 50 istituti penitenziari in Italia. Il gruppo era composto da Ivan Innocenti, esponente del consiglio generale del Partito radicale e Aldo Brunelli, militante dei radicali, oltre a Nicola Marcello, vice presidente del consiglio comunale di Rimini per Fratelli d’Italia, nonché Andrea Pari, consigliere comunale della Lega e Annalisa Calvano dell’osservatorio carcere Camera penale di Rimini. È passato un anno dal suicidio del 37enne Aziz Rouam, detenuto nella prima sezione. Una sezione ancora aperta come una ferita per l’intera comunità.

Innocenti, partiamo dai numeri: quante persone ospita la casa circondariale di Rimini?

“In totale sono 144 uomini, tutti abbastanza giovani, tra cui 95 detenuti stranieri. Fino a due mesi fa mancava all’appello un mediatore culturale. Un vuoto colmato da poco attraverso un professionista che viene da Modena due giorni alla settimana. Una finestra temporale insufficiente per imbastire una sana comunicazione fermo restando che ci sono diverse etnie. Ma non è tutto: secondo dati forniti dal reparto sanitario, sono circa 80 i tossicodipendenti. Tradotto: oltre metà della popolazione del carcere è composta da malati che avrebbero bisogno di un percorso sanitario e non di una vita dietro le sbarre”.

L’afa è intensa: alcuni detenuti sono più a rischio?

“Nella sezione tre sussistono gravi problemi arginati da soluzioni tampone. Un esempio? Si lascia aperto il cosiddetto blindo. In sostanza le celle hanno due chiusure: una porta a sbarre verticali e un’altra, detta blindo o blindato, dotata di una piccola apertura in alto che affaccia sempre sul corridoio e viene lasciata spalancata nel periodo estivo. Nonostante l’accorgimento, in quest’ala le condizioni di vita sono difficili. E c’è un dramma anche peggiore che una città come Rimini non può silenziare”.

Quale?

“I 30 detenuti della prima sezione sono esposti a un trattamento inumano e indecoroso. A sostenerlo da anni sono le istituzioni sanitarie e della giustizia. Non sono in discussione i rapporti umani, beninteso, ma la struttura stessa che necessita di interventi non risolvibili con ordinaria manutenzione come dichiarato dall’Ausl Romagna nella visita ispettiva del 2021. Condizioni igieniche scadenti, si legge nero su bianco, con rischio sanitario. L’area dovrebbe accogliere 23 persone al massimo ma negli anni ha superato quota 40 e l’ambiente è così ammalorato che lo stesso magistrato di sorveglianza, in visita nel dicembre 2022, sostiene la necessità di risarcimenti ai detenuti, perché quelle mura violano i principi dall’articolo tre della Carta europea dei diritti umani in tema di tortura. Si punta a un 10% di riduzioni della pena, ovvero ogni 10 giorni trascorsi qui dentro ne verrà “scontato” uno. La questione, lo ribadisco, è di enorme gravità: per terra scorrazzano gli scarafaggi e le celle sono prive di acqua calda e docce. Non va meglio per le cinque docce comuni, visto che ne funzionano solo tre. E ancora: alcune celle sono sprovviste della porta tra il bagno e il resto della stanza separate solo da una tenda. Per motivi di spazio infine tutte le cucine sono accanto al water. Un trattamento indegno che abbruttisce la nostra comunità”.

Soluzioni?

“Le istituzioni comunali potrebbero far di più ma forse la questione non è stata stigmatizzata a sufficienza. Bisogna chiudere questa sezione: che la città prenda le distanze almeno nel principio da questo scempio. L’Ausl ha mandato all’amministrazione il suo report già nel 2021. Alla visita del sindaco è seguito un consiglio in carcere nonché una commissione comunale sui trattamenti umani degradanti ma senza approdare alla stesura di alcun documento. Mi aspettavo che Rimini si indignasse ma finora non è avvenuto”.

Si parla di ristrutturazione?

“È prevista forse tra 7-8 mesi ma resta l’emergenza qui e adesso. Come partito radicale, lanciamo un appello perché la città gridi che questa situazione non può andare avanti un giorno. Capisco che le competenze non sono del sindaco, Jamil Sadegholvaad, ma occorre mettersi in moto”.

Come arginare la situazione?

“Molti detenuti sono così poveri da non avere un luogo di residenza, il che preclude la possibilità di pene alternative alla detenzione. Perché non mettere a disposizione abitazioni, mentre la casa circondariale si impegna a svuotare per sempre la sezione? Si tratta solo di una trentina di persone. Rimini non può restare a guardare: sono in gioco i diritti fondamentali”.