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di Laura Tedesco

Corriere di Verona, 30 aprile 2023

Revocata alla fine dell’emergenza Covid. Da Verona la protesta: “Può servire a prevenire i suicidi”. “Una telefonata può salvare la vita”, soprattutto quando si è rinchiusi in cella. “Gentili direttori penitenziari, non fateci tornare al peggio del passato, usate il vostro “potere” per prevenire i suicidi con quello straordinario strumento che può essere sentire una voce amica nel momento della sofferenza e della voglia di farla finita. Ripristinate il diritto a una telefonata in più, arginate l’emergenza suicidi”, perché “non si ripeta mai più un altro dramma Donatella Hodo”, che in una notte di crisi profonda si tolse la vita il 2 agosto scorso a soli 26 anni a Verona, inalando del gas nella solitudine della sua cella. Invece Donatella, forse, con una telefonata in più si sarebbe potuta salvare e, come lei, anche gli altri 83 reclusi che si sono tolti la vita in carcere nel 2022 e i 16 che hanno già attuato la stessa scelta estrema nel 2023, quella di rinunciare a vivere nei pochi metri quadri di una cella detentiva.

Forse una chiamata in più all’esterno poteva salvarli: conclusa l’emergenza Covid, invece, nelle carceri italiane si staccano i telefoni ai detenuti. Dal 28 febbraio di quest’anno, infatti, è tornata la stretta sulle chiamate all’esterno: non più una telefonata a giorno, ma 10 minuti di chiamata a settimana e 6 ore di colloquio al mese, “il che vuol dire che un genitofetti re recluso può dedicare al figlio al massimo tre giorni all’anno”. Con la sola eccezione di Padova dove “un direttore penitenziario illuminato” ha subito ripristinato nei giorni scorsi la telefonata quotidiana, nei penitenziari italiani sta montando la protesta e Verona se ne fa portavoce e capofila facendo partire con l’associazione Sbarre di Zucchero una raccolta firme e sottoscrivendo una lettera-appello indirizzata a tutti i direttori penitenziari della Penisola. “Il Covid ha portato ulteriore isolamento e sofferenza, e anche le prime rivolte, i morti, la paura. Ma per fortuna qualcuno ha capito che non era la criminalità organizzata a far esplodere le carceri, ma l’angoscia e la rabbia delle persone detenute, spaventate di essere lasciate sole e di non sapere nulla del destino dei loro cari. E si è trovata l’unica soluzione accettabile, dare un’accelerata agli afdelle persone in carcere introducendo “il miracolo” delle videochiamate e la forza che ti viene dalle telefonate quotidiane. E così le persone si sono ritrovate a chiamare casa molto più spesso, in alcune carceri anche ogni giorno, e a rivedere le loro case e le famiglie lontane”. Per chi ha figli minori, precisano Sbarre di Zucchero e un centinaio di altre associazioni tra cui Antigone e Ristretti Orizzonti nell’appello corale, “dovrebbe restare in ogni caso la telefonata quotidiana, prevista dalla legge, ma tutti quei figli maggiorenni che per anni hanno avuto a disposizione solo dieci miserabili minuti settimanali per parlare con un genitore detenuto, perché devono essere di nuovo penalizzati dopo aver faticosamente ricostruito delle relazioni famigliari decenti con la chiamata quotidiana ?”.