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di Andrea Pugiotto

L’Unità, 20 luglio 2023

C’è attesa per la decisione dei giudici costituzionali sul fondo istituito dal governo Draghi per il ristoro dei danni causati da crimini del Terzo Reich in Italia. Al di là della questione specifica, la Corte dovrà fare i conti con dilemmi formidabili.

1. Il 12 luglio ricorreva il 79° anniversario dell’eccidio di Fossoli: nel 1944, per ordine della Gestapo, 67 internati politici furono prelevati dal locale campo di concentramento, condotti al poligono di tiro di Cibeno, allineati lungo una fossa comune e fucilati, come rappresaglia per un attentato a Genova contro militari tedeschi. Fossoli è tra i tanti luoghi simbolo di analoghi episodi avvenuti tra il 1943 e il 1945: l’Atlante delle stragi naziste e fasciste in Italia ne censisce oltre 5.000.

Pochi giorni prima, il 4 luglio, si è svolta a Palazzo della Consulta un’udienza che ha molto a che vedere con tutto ciò. La decisione presa dai giudici costituzionali, non ancora nota, è molto attesa perché ritorna su una questione davvero vertiginosa. Quale? Per rispondere, serve fare un passo indietro.

2. Rendere giustizia alle vittime (e ai loro eredi) di crimini nazisti è una storia molto tormentata che dura ancora oggi. La via della responsabilità penale, in quanto personale, arranca tra difficoltà investigative, prescrizioni, irreperibilità e decessi degli imputati. Sono esiti agevolati dall’”armadio della vergogna”, scoperto nel novembre 1994 in uno sgabuzzino della Procura generale militare di Roma, con i suoi oltre 695 fascicoli occultati per “situazioni di ragion di Stato” svelate dall’apposita Commissione parlamentare d’inchiesta (XIV Legislatura, relazione finale approvata l’8 febbraio 2006).

Quanto alla via della responsabilità civile, a lungo è stata sbarrata. Da un lato, la legislazione risarcitoria tedesca dei danni per simili crimini non include le vittime italiane. Dall’altro, una consuetudine internazionale riconosce l’immunità degli Stati dalla giurisdizione civile per atti compiuti nell’esercizio di poteri sovrani (acta iure imperii). Non si può condannare uno Stato a pagare per quanto fatto da suoi funzionari, anche in caso di crimini di guerra. Non si può e basta: nella logica stato-centrica del diritto internazionale, ogni nazione si guarda allo specchio e si autoassolve. Questa grammatica giuridica chiude le vittime in un labirinto senza uscite. Uno stallo inaccettabile in uno Stato costituzionale nato a tutela dei diritti umani fondamentali. Un vero e proprio crimine di pace.

3. Ignorare un’ingiustizia equivale a perpetrarla. A ciò la Corte costituzionale italiana si è opposta, introducendo un’eccezione umanitaria: nel nostro ordinamento l’immunità degli Stati dalla giurisdizione civile non opera per condotte palesemente criminali (sent. n. 238/2014). Ostano al suo ingresso i principi supremi, “inestricabilmente connessi”, della dignità della persona e del diritto di accedere alla giustizia iscritti nel genoma della nostra Costituzione (artt. 2 e 24).

L’inedito giudicato costituzionale ha segnato così la ripresa di numerosi processi civili contro la Germania, giunti a condanne di cui ora si chiede l’esecuzione attraverso pignoramenti di beni tedeschi in Italia. Forte della consuetudine tutt’ora operante nei rapporti interstatali, nel 2022 la Germania ha perciò chiamato a giudizio l’Italia davanti alla Corte Internazionale di Giustizia dell’ONU (CIG), che già nel 2012 le diede ragione invitando allora le due parti a trovare una soluzione diplomatica alla controversia. Allo scopo di ricomporre definitivamente il contenzioso giurisdizionale in atto, è intervenuto il governo Draghi con una norma ad hoc (art. 43, decreto-legge n. 36 del 2022), istituendo un “fondo di ristoro per danni derivanti da crimini di guerra e contro l’umanità per la lesione di diritti fondamentali della persona compiuti sul territorio italiano o comunque in danno di cittadini italiani da parte di forze del III Reich nel periodo tra il 1° settembre 1939 e l’8 maggio 1945”.

4. La misura introdotta è ad enorme potenziale simbolico. Riconosce finalmente soggettività alle vittime. Provvede a una riparazione forfettaria con risorse statali (oltre 55 milioni di euro in 4 anni), secondo una procedura di accesso normata, senza troppa fretta, da un decreto ministeriale pubblicato pochi giorni fa (G.U. 1° luglio 2023, n. 152). Dà una soluzione pacifica, dunque costituzionalmente orientata, a una dirompente controversia internazionale. Disinnesca la causa pendente contro l’Italia davanti alla CIG.

Eppure, è contestata sotto molti profili: l’insufficienza del fondo; la non fungibilità tra ristoro e diritto al risarcimento; la ghigliottina caduta sui procedimenti in corso e a venire; il differente trattamento tra vittime italiane e tra queste e le vittime straniere; la disparità tra le parti processuali a vantaggio esclusivo della Germania. Davanti a crimini così atroci, abbastanza non è mai abbastanza, né è accettabile ricevere come generosa concessione ciò che spetterebbe per diritto (e in misura più adeguata). Sensibile a tali critiche, il Tribunale di Roma (sez. IV civile) ha eccepito l’incostituzionalità della norma perché priverebbe di effettività il “diritto al giudice” riconosciuto dalla sent. n. 238/2014. È così che si è ritornati a Palazzo della Consulta.

5. Non esistono soluzioni semplici a problemi complessi. È dunque un compito difficile quello svolto dai giudici costituzionali, chiamati a decidere secondo diritto (spesso contorto), non ad andare là dove li porta il cuore. Va riconosciuto che l’ordinanza del tribunale romano è avvitata male. Pone una quaestio che è quasi la stessa del 2014, ma quel quasi fa una grande differenza: allora il giudice remittente chiedeva di avviare un giudizio di cognizione, mentre ora si discute dell’esecuzione di una pretesa risarcitoria. E il diritto internazionale sancisce l’immunità degli Stati (anche) dall’esecuzione forzata, in base a una norma consuetudinaria che il giudice romano, erroneamente, non ha impugnato.

Stretta tra le ragioni della Costituzione e quelle degli obblighi internazionali (che per Costituzione vanno rispettati), la Consulta potrebbe trovare rinnovati equilibri: ad esempio, riconoscendo che il soddisfacimento effettivo dei diritti violati non esclude modalità alternative all’esecuzione forzata. L’estremismo nell’esercizio dei diritti, del resto, è la negazione del bilanciamento tra principi, che è la cifra del costituzionalismo delle libertà.

Né può escludersi che il collegio costituzionale (interamente rinnovato rispetto a dieci anni fa) muti orientamento rispetto al recente passato. La sent. n. 238/2014 ambiva alla formazione di una nuova regola internazionale ispirata alla prevalenza della tutela dei diritti umani nei suoi riflessi civilistici. A distanza di un decennio, la novità stenta a imporsi mentre la fine della vecchia consuetudine tarda ad arrivare. Non potendo cambiare la realtà, la Consulta potrebbe allora cambiare spartito.

6. Oltre la quaestio specifica, la Corte costituzionale dovrà fare i conti con formidabili dilemmi di portata più generale. Il tema dell’immunità degli Stati dalla giurisdizione civile riguarda tutti i crimini di guerra e contro l’umanità ovunque consumati, perché ciò che è accaduto continua ad accadere. Il passato e il presente dei tanti eccidi che la Storia conosce, ravvivati nelle aule di tribunale, potrebbero incendiare pericolosi scontri d’identità. Caduta quell’immunità, anche l’Italia potrà essere chiamata a rispondere delle atrocità commesse dal regime fascista (in Etiopia e in Libia, nei Balcani e in Grecia o in Spagna). Sono tutti fattori che possono aver indotto alla cautela i giudici costituzionali.

All’opposto, la battaglia omerica ingaggiata dalla Consulta nel 2014 per un diritto internazionale umano-centrico è coerente con le ragioni di fondo della giustizia costituzionale, nata per limitare la sovranità statale a garanzia dei diritti della persona e della sua dignità. In simili questioni, poi, è proprio la matrice antifascista della Costituzione ad entrare plasticamente in gioco. Come saranno stati sciolti questi nodi? I pronostici sono per gli allibratori. A noi non resta che attendere di conoscere la decisione presa.