di Francesco Malfetano
Il Mattino, 17 agosto 2024
Sul tavolo del ministero il piano per semplificare il ricorso alle misure alternative. Frenata di Delmastro: “Il tana libera tutti non rieduca e non garantisce sicurezza”. È un’estate caldissima quella delle carceri italiane. Mentre a Torino la situazione tornava lentamente alla normalità dopo che nella notte tra giovedì e venerdì una rivolta ha ferito sei agenti della polizia penitenziaria, un’indiscrezione ha riacceso le contrapposizioni all’interno della maggioranza. Tra le ipotesi su cui starebbe lavorando il ministero della Giustizia per arginare il drammatico sovraffollamento degli istituti penitenziari spunta infatti anche l’idea di facilitare il ricorso a misure alternative al carcere per quei detenuti che devono scontare pene residue entro un anno. Tradotto: potrebbero ricorrere ai domiciliari o all’affidamento in prova, coloro che sono all’ultimo miglio prima dell’uscita (segmento in cui, peraltro, è significativo l’impatto dei suicidi secondo i dati di Associazione Antigone) a patto che non si tratti di condannati per reati ostativi. A differenza di oggi cioè, sarebbe possibile avvalersi della misura senza ricorrere al tribunale di sorveglianza.
Un’ipotesi di lavoro che, per quanto appaia in controtendenza anche con le sensibilità meno giustizialiste della maggioranza, sarebbe emersa lo scorso 7 agosto in occasione dell’incontro del ministro con il Garante dei detenuti e con i garanti regionali. Non a caso è il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro Delle Vedove a smentirla categoricamente. “Non è nelle corde del cuore del governo una misura che, essendo un colpo di spugna, vanifica e frustra non solo e non tanto le esigenze di sicurezza, quanto e soprattutto la funzione rieducativa della pena - è la dura nota del deputato di Fratelli d’Italia considerato vicino alla premier Giorgia Meloni - Il tana libera tutti non rieduca, non riabilita, non garantisce sicurezza: è il già tristemente visto e stancamente vissuto del passato e che ci ha regalato l’attuale situazione”. Una bocciatura su tutta la linea insomma, preferendo perseguire la strada appena imboccata con il Dl carceri, e con un piano per l’edilizia carceraria.
L’emergenza è impossibile da ignorare. Sono 63 infatti i suicidi di detenuti avvenuti in carcere dall’inizio dell’anno. Ovvero, secondo i dati diffusi dal Garante dei detenuti, 19 in più rispetto al 2023. L’età media di chi ha compiuto il drammatico gesto, si legge nella nota pubblicata ieri, è di circa 40 anni. Sessantuno gli uomini e 2 le donne, in maggioranza italiani (52%) e il più delle volte giudicati condannati in via definitiva (41,3%) o in attesa di primo giudizio (38,1%).
Inevitabile anche la polemica politica. Mentre Forza Italia ha lanciato l’iniziativa “L’estate in carcere” per monitorare le condizioni dei penitenziari con visite ad hoc da parte di deputati e senatori azzurri, l’opposizione torna a puntare il dito contro il governo dopo l’ultimo suicidio di ieri nell’istituto penitenziario di Parma. “La maggioranza purtroppo ha scelto di non rispondere all’emergenza procrastinando ancora l’esame della proposta di legge Giachetti sulla liberazione anticipata”ha attaccato la senatrice di Italia Viva Silvia Fregolent riferendosi alla proposta con cui si mira a modificare il sistema di detrazione di pena per la liberazione anticipata innalzando la detrazione da 45 a 60 giorni per ogni semestre di pena scontata. “Trovo incredibile che la destra continui a indicare priorità che hanno solo e sempre un obiettivo di garantire impunità, di difendere chi è già forte e di sottrarre alla giustizia chi ha potere” l’affondo invece di Nicola Fratoianni di Alleanza Verdi Sinistra.