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di Andrea Nicolosi*

L’Unità, 22 giugno 2023

C’è tutto un “mondo carcere” che, con Bernardini Garante dei detenuti, spera si possa realizzare la perfetta corrispondenza tra la funzione e chi la esercita.

Poco più di un mese fa è trascorso il 7° anniversario dall’ultimo saluto, dallo stigmatico e indimenticabile “A subito” di Marco Pannella, a cui la Repubblica Italiana e il mondo intero devono tanto. Indimenticato il suo indefesso impegno politico - nel tempo divenuto transnazionale e transpartito - per il riconoscimento ovunque dei diritti inviolabili e violati e la tutela dei portatori, anch’essi violati, di tali diritti, la cura degli ultimi e tra questi dei detenuti, condannati a vari tipi di morte: alla pena di morte, alla pena fino alla morte, alla morte per pena, alla tortura.

Quella portata avanti da Marco Pannella, insieme a Mariateresa Di Lascia e tanti altri, è una battaglia sacra che merita da parte di tutti il massimo rispetto e riconoscimento. Una totale dedizione e un affiato umano e politico di valore inestimabile proseguito e interpretato negli anni da Nessuno tocchi Caino e, in special modo e con lo stesso spirito di abnegazione, da chi da anni lo presiede, dirige e amministra: Rita Bernardini, Sergio D’Elia, Elisabetta Zamparutti.

Siamo alla vigilia delle nomine della terna che dovrà presiedere l’Ufficio del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale e oltre a Nessuno tocchi Caino, che conta ormai 3.000 iscritti, e al suo direttivo che tiene insieme, uno accanto all’altro, docenti universitari, professionisti del diritto, ex detenuti, parlamentari di tutti gli schieramenti politici, giovani studenti, attivisti, tutto il “mondo carcere” non può oggi non sperare nella nomina di Rita Bernardini.

Sapendo, peraltro, del particolare favore del Ministro Nordio nei confronti della sua persona, così come dell’attenzione e considerazione del Presidente Meloni e del Governo verso Rita Bernardini e la sua quotidiana attività che, sempre più qualificata, prosegue ininterrotta da più di 30 anni, così come del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che è anche intervenuto per dissuaderla a proseguire scioperi della fame divenuti estremi che la mettevano in serio pericolo di vita. C’è tutto un “mondo carcere” che, con Rita Bernardini Garante nazionale dei detenuti, spera si possa realizzare la perfetta corrispondenza tra l’istituzione e la funzione e tra la funzione e il suo preposto.

In tutti questi anni, Rita è stata già di fatto una Garante dei detenuti, avendo girato e girando in lungo e in largo per le carceri d’Italia, letteralmente incarnando quell’opera cristiana di misericordia corporale che è il “visitare i carcerati”, caricandosi delle criticità e disagi non solo dei detenuti ma anche della comunità dei c.d. “detenenti”, la polizia e tutti gli altri operatori penitenziari, che operano troppo spesso in condizioni di estrema difficoltà e in carenza di organico, risorse, organizzazione, formazione.

È certo che se Rita non si fosse caricata e non avesse assunto in sé e nella sua vita il “mondo carcere”, i condannati, i detenuti, i carcerieri, i direttori, gli educatori, gli assistenti sociali e tutte le figure che vi ruotano intorno, comprese, indirettamente, le loro rispettive famiglie, il danno ambientale ed esistenziale proprio della carcerazione sarebbe senz’altro più drammatico e, forse, non più calcolabile. Sempre pronta al soccorso, al salvataggio, al conforto, all’amore verso questi condannati - anche con i suoi scioperi della fame estremi, che ci hanno tenuti tutti in allarme per la sua vita - con la forza gentile della nonviolenza ha contrastato gli effetti di un potere che può divenire il più duro, cieco, spietato.

Rita Bernardini continua a essere un patrimonio della storia non solo radicale, di Nessuno tocchi Caino, che andrebbe tutelato come bene prezioso con un dovuto riconoscimento del valore che le è proprio. Una investitura, finalmente ufficiale, consentirebbe a Rita di esercitare la funzione di Garante dei detenuti come ha sempre fatto e di essere quella che è sempre stata, con la visione del carcere che era di Marco Pannella: una comunità, non una somma, un insieme di parti diverse, non contrapposte, da rispettare, conciliare.

Un mondo difficile da tenere insieme, in ordine, nell’unico modo possibile: con il rispetto della legge, della regola, con il dialogo e la nonviolenza. Servono “portatori d’acqua” nel deserto dei diritti carcerari, per questo serve Rita Bernardini.

*Direttivo di Nessuno tocchi Caino