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di Gian Franco Coppola

agi.it, 6 dicembre 2023

Un 36enne romano, che ha il fine pena all’inizio del 2025, ha trovato un impiego in Vaticano come elettricista specializzato per le ordinarie attività di manutenzione della Basilica: “Mi sembra di vivere un sogno”. “Mi sembra di vivere un sogno. Ancora non ci credo. Lavorare in Vaticano, nella Basilica di San Pietro, nella Cupola o nelle Grotte dove sono le tombe dei papi. Ogni giorno è una emozione continua”. Fabio (nome di fantasia), 36enne romano, è il primo detenuto “al servizio” della Santa Sede. Rinchiuso nel carcere di Rebibbia dal 2019 (con un fine pena previsto per l’inizio del 2025), solo dallo scorso settembre ha cominciato ad assaporare aria di libertà, dalle 7 alle 13, per poi rientrare in cella.

Beneficia del lavoro esterno e il suo è un datore un po’ diverso dal solito: è la Fabbrica di San Pietro, l’ente che si occupa della gestione di tutto l’insieme delle opere necessarie per la manutenzione edile ed artistica della Basilica di San Pietro in Vaticano. Fabio è stato scelto come elettricista specializzato in lavori in alta quota. Tutto merito di “Seconda Chance”, l’Associazione non profit del Terzo Settore creata nel 2022 dalla giornalista del Tg La7 Flavia Filippi, che procura lavoro a chi è vicino al fine pena ed ha un ottimo comportamento intramurario, con il coinvolgimento di aziende e imprese che, in base alla legge Smuraglia del 2000, possono usufruire di sgravi fiscali e contributivi.

Alle 5.30 di ogni giornata (tranne il week end), Fabio esce da Rebibbia, prende la metropolitana, arriva in Vaticano, raggiunge la Basilica e comincia a lavorare sugli impianti elettrici, di illuminazione, di rete. Se la cava alla grande, si vede che è materia sua: ha fatto l’Istituto tecnico industriale e per anni ha lavorato presso un’azienda di Ciampino, occupandosi della manutenzione di turbine eoliche.

E poi? “Poi ho fatto una cavolata per motivi di bisogno e sono finito in carcere - confida a chi ha potuto avvicinarlo -. Ma in cella ho imparato a conoscere me stesso, non ho mai perso la voglia di darmi da fare. Ho fatto lo spesino (quello che raccoglie le richieste dei detenuti per i generi da acquistare come sopravvitto, ndr), mi sono iscritto a un corso di sartoria, ho fatto teatro, ho continuato a studiare. Sono andato anche in palestra ma quella era più che altro un motivo di sfogo. Una grande mano me l’ha data la psicologa che mi ha aiutato soprattutto a livello familiare. Così come mi ha tanto aiutato anche l’ispettrice caporeparto del G8”.

Fabio, infatti, ha una famiglia che lo supporta e lo aspetta per riabbracciarlo quando avrà la piena libertà: i genitori, una compagna (“con lei ci sono alti e bassi, purtroppo lavora saltuariamente”) e soprattutto un bambino di 7 anni (“va a scuola, ha momenti di difficoltà, l’ho lasciato quando ne aveva 2”).

Nel frattempo, si gode il ‘suo momento’ in Vaticano: “Sono felice - ammette con pudore -. Mi sembra di sognare, ce la sto mettendo davvero tutta per non deludere chi ha puntato su di me e ha deciso di darmi fiducia. Per ora ho un regolare contratto di sei mesi, inutile dire che sarebbe bellissimo avere il rinnovo. Mi dicono che sono contenti di quello che faccio. Lavorare in Vaticano era inimmaginabile, è un luogo davvero magico, se penso che ogni giorno migliaia di turisti pagano per vedere le bellezze storiche e artistiche che ci sono a San Pietro. Io sono rimasto a bocca aperta quando ho visto da vicino le campane della Basilica, la Pietà di Michelangelo o le tombe dei Papi. Mia madre ancora piange quando le descrivo i luoghi in cui lavoro. Adesso stiamo allestendo il Presepe, che sarà aperto al pubblico fra pochi giorni”.

Fabio destina parte dello stipendio alla famiglia (“così riesco ad aiutare la mia compagna”): “Il resto finisce al ‘penitenziario’, così quando esco posso contare su un piccolo tesoretto. Anche questo Natale non potrò vedere mio figlio. Ma gli ho già comprato il regalo, la PlayStation 5. In questi anni ci siamo visti davvero pochissime volte, quando esco da San Pietro e raggiungo la metro. Ma è doloroso quando ci dobbiamo separare. Lui va con la mia compagna in una direzione e io in quella opposta perché devo ritornare a Rebibbia. Si volta di continuo fino a quando non mi vede più, chiede alla mamma perché il papà scappa via. È davvero struggente. Forse è meglio non incontrarsi finché c’è questa situazione”

Fabio non dimentica di ringraziare “Seconda Chance”: “Mi ha regalato questa opportunità di riscatto, mi ha dato lo spunto per tornare a sperare e dare un senso al mio futuro. Le persone non vanno giudicate subito dalle apparenze, anche chi ha sbagliato una volta, come è capitato a me, merita di essere messo alla prova. Conosco un altro padre di famiglia che si sta dannando l’anima per riabilitarsi. Voglio tornare ad essere una certezza per mio figlio”.