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di Gennaro Grimolizzi

Il Dubbio, 21 dicembre 2023

Il presidente Cnf Greco: “La visita, organizzata con la Fai, dimostra il nostro impegno nel ribadire l’importanza dei percorsi rieducativi”. Una delegazione del Consiglio nazionale forense si è recata ieri nel carcere di Regina Coeli, a Roma. L’obiettivo della visita istituzionale è stato quello di approfondire le condizioni detentive e di instaurare un dialogo costruttivo con le autorità penitenziarie. Con il presidente del Cnf, Francesco Greco, anche il vicepresidente dell’avvocatura istituzionale, Francesco Napoli e i consiglieri nazionali Paola Carello, Biancamaria D’Agostino, Antonino Galletti, Francesco Pizzuto, Lucia Secchi Tarugi, l’avvocato Roberto Giovene di Girasole e una rappresentanza dell’Unione Camere penali italiane, composta dal presidente Francesco Petrelli, dal segretario Rinaldo Romanelli e dalla componente di Giunta Laura Antonelli. Gli avvocati hanno incontrato il direttore del carcere, Claudia Clementi, e il comandante della polizia penitenziaria, Francesco Salemi. Con loro hanno discusso sulle principali questioni che riguardano la casa circondariale capitolina. Grande risalto è stato dato alla funzione rieducativa della pena. Anche per questo motivo sono stati donati, grazie al contributo della Fondazione dell’avvocatura italiana (Fai), dieci computer che verranno messi a disposizione dei detenuti e collocati nella biblioteca di Regina Coeli.

“La visita, organizzata con la Fai “dice al Dubbio Francesco Greco - dimostra il nostro impegno nel ribadire l’importanza dei percorsi rieducativi. Il carcere deve essere un luogo di espiazione della pena integrale, secondo la legge e secondo la sentenza, ma deve pure diventare un luogo, lì dove è possibile, di rieducazione. In questa ottica è opportuno non dimenticare coloro che hanno un debito con la società. Per questo abbiamo voluto esprimere la nostra attenzione verso la realtà carceraria e dare il nostro contributo”. Nella visita di ieri, come evidenzia il presidente Greco, sono emersi diversi aspetti: “È stato un incontro utile e toccante. Abbiamo constatato di persona come si vive nelle varie sezioni, siamo entrati in alcune celle, dove c’erano i detenuti, e constatato le condizioni di vita quotidiana. La nostra presenza ha voluto lanciare anche un messaggio: far presente ai detenuti che il mondo, all’esterno del carcere, non si dimentica di loro. È importante che chi è privato della libertà impari un mestiere durante la reclusione, in modo che, dopo aver scontato la pena, potrà essere meno problematico essere riammessi in società”. A Regina Coeli i detenuti stranieri prevalgono.

“La direttrice di Regina Coeli “afferma Francesco Greco “ci ha riferito che sono circa il 60% e di giovane età. Un altro elemento di riflessione riguarda la presenza di tanti detenuti in attesa di giudizio, in una condizione di promiscuità con chi è stato condannato. In questo contesto particolare lavorano con grande professionalità gli agenti della polizia penitenziaria. Uniscono alla autorevolezza del ruolo la professionalità e l’umanità. Le persone che sono in carcere, perché hanno violato le leggi della convivenza sociale, devono rispettare invece le regole della convivenza in carcere. L’avvocatura ha voluto manifestare ancora una volta attenzione verso una realtà che non può essere dimenticata. Un Paese civile non può trasformare le carceri in luoghi di mortificazione della dignità umana. Il tema del sovraffollamento, difficilmente risolvibile, se non attraverso la riconsiderazione della fase di esecuzione della pena, va affrontato con pragmatismo. Ogni reato non può essere soltanto prevenuto attraverso la detenzione carceraria. Occorre pensare a forme alternative alla detenzione”.

L’avvocato Francesco Petrelli, presidente dell’Unione delle Camere penali, si sofferma sulle condizioni in cui versa Regina Coeli, specchio del mondo carcerario italiano. “L’impatto con l’ambiente carcerario e l’incontro con l’umanità dei detenuti “commenta il rappresentante dei penalisti - è sempre motivo di riflessione sulla inidoneità del rimedio della carcerazione e su quale enorme quota di sofferenza potrebbe essere evitata attraverso l’adozione di semplici strumenti alternativi. Regina Coeli è un carcere “storico” segnato da gravi carenze strutturali. Vive forti contraddizioni: personale ridotto ma dotato di straordinaria motivazione; poche risorse ma grande professionalità. Endemico il sovraffollamento di detenuti in attesa di giudizio e dei meno numerosi definitivi che mette a dura prova ogni risposta alle esigenze morali, materiali, sanitarie e psichiatriche dei singoli”.