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di Matteo Torrioli

romatoday.it, 31 marzo 2023

L’assessora Claudia Pratelli ha visitato il carcere femminile di Rebibbia, il più grande d’Europa. Bambini senza colpa alcuna che vivono in carcere. Quando escono, per motivi diversi, dalle case circondariali, devono farlo attraverso i cancelli di sicurezza, come detenuti qualsiasi. La loro colpa? Avere delle madri condannate e costrette dentro una casa circondariale. Una situazione che, almeno per il momento, non cambierà. Di recente, infatti, è stata ritirata la “legge Serracchiani” che puntava ad un nuovo modello di gestione di queste situazioni. Il futuro, adesso, è più incerto che mai come ha potuto constatare anche l’assessora alla scuola, formazione e lavoro di Roma capitale, Claudia Pratelli, dopo una visita al carcere femminile di Rebibbia.

La legge Serracchiani - È stata ritirata, dopo la presentazione di diversi emendamenti da parte della maggioranza la “legge Serracchiani”, presentata dalla deputata del Pd. La norma puntava a superare alcuni limiti ed ostacoli che, di fatto, alimentano la carcerazione anche dei bambini insieme alle loro madri. Tra le novità, sottolineate anche da Cittadinanza Attiva e da Aroma Insieme, onlus che si occupano di persone in condizione di fragilità, “le disposizioni rivolte a sostenere e promuovere il sistema delle case famiglia protette come modello alternativo alle soluzioni detentive di madri e bambini, comprese quelle della detenzione negli Istituti a Custodia Attenuata per detenute Madri (Icam)”. Un “regime carcerario” più leggero, quindi, per le madri ma soprattutto per i loro figli, fermo restando il controllo delle autorità preposte.

Icam - Gli Icam sono, in sintesi, le case per mamme detenute. Sono degli spazi che dovrebbero, condizionale d’obbligo, essere distinti dal carcere per tutelare, in particolare, i bambini che vivono con le madri all’interno di queste strutture. In Italia ce ne sono 4 e, salvo Milano, queste aree si trovano “all’interno del perimetro del carcere seppur distaccate - spiegava, in un’intervista a La Repubblica, il garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale della Regione Lazio, Stefano Anastasìa - gli agenti sono in borghese, le sbarre camuffate, ma a gestirli è sempre l’amministrazione penitenziaria, si entra e si esce fino ai sei anni dal portone del carcere passando dai controlli della vigilanza”.

Bambini - Figli e figlie di mamme carcerate passano negli istituti carcerari i primissimi anni di vita. Anche se c’è un occhio di riguardo per bambini e bambini, con nidi attrezzati, questi ambienti si trovano pur sempre all’interno di un carcere. Poi, compiuti i tre anni, escono per andare in case famiglie e strutture ad hoc.

Rebibbia - L’assessora Pratelli ha visitato, insieme alla neo garante dei detenuti di Roma, Valentina Calderone, il carcere femminile di Rebibbia. “Il tema - ha detto la Pratelli in una nota parlando del ritiro della legge Serracchiani - resta centrale per scongiurare che anche solo un bambino o bambina finisca per vivere uno stato di detenzione, passando i primissimi anni in un ambiente limitato e con pochissime occasioni di socialità tra pari. Per questo credo sia fondamentale promuovere i luoghi protetti fuori dal carcere dove le madri possono condividere il tempo di vita con i propri figli e prevedere, come abbiamo fatto a Roma, priorità di accesso ai nidi e alle scuole d’infanzia comunale, con il riconoscimento di un punteggio dedicato proprio per i bambini con uno o entrambe i genitori in condizione di detenzione”.