sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Marco Carta

La Repubblica, 8 agosto 2023

L’indagine partita da un esposto dell’ex Garante Gabriella Stramaccioni. Dovevano versare 40 litri di acqua ogni 100 litri di latte. Ma anche riciclare i fondi del caffè del giorno precedente, rimacinandoli. Sarebbero state le testimonianze dei detenuti che lavoravano nella mensa del carcere di Rebibbia a far partire le indagini sulla ditta Ventura, che gestisce il servizio nei quattro istituti del penitenziario romano.

Due responsabili della società Ventura sono ora indagati per frode in pubbliche forniture. E ora anche il ministero della giustizia sta studiando il dossier per capire se sia possibile arrivare a una rescissione evitando contenziosi legali.

L’ipotesi degli inquirenti è che la qualità dei cibi serviti alla popolazione carceraria sia difforme da quella prevista nel capitolato d’appalto. A denunciare le anomalie nel 2021 era stata l’ex garante capitolina dei detenuti Gabriella Stramaccioni con un esposto in procura. Un altro esposto era stato fatto dalla Ladisa di Bari, una società esclusa dalla gara. Poi, dopo sono intervenuti gli investigatori del Nucleo di polizia valutaria della Guardia di finanza che lo scorso 18 gennaio hanno eseguito un blitz dentro Rebibbia per raccogliere campioni del cibo cucinato in carcere. La relazione dei finanzieri è stata poi inviata in procura.

I campioni, analizzati in laboratorio, avrebbero confermato molte delle criticità denunciate nell’esposto dell’ex garante, il cui mandato non è stato rinnovato dopo la denuncia. Dal latte allungato, al caffè riciclato. Fino alla carne colorata, il cui grasso era coperto con l’emulsionante per dissimularne la qualità scadente.

“Come si può assicurare un menu di dignitosa qualità con 3,92 euro al giorno?” era la domanda contenuta nell’esposto a cui ora gli inquirenti stanno cercando di trovare una risposta. Al centro dell’inchiesta, coordinata dai pm Gennaro Varone e Giulia Guccione, c’è anche il servizio del sopravvitto, gestito sempre dalla Ventura: nel mirino il costo eccessivo dei prodotti venduti ai detenuti, costretti a comprare beni di prima necessità a prezzi fuori mercato: la stessa acqua che nei supermercati di Rebibbia costava 27 centesimi, ai detenuti veniva venduta a 45 centesimi.

“Si sono verificati molto spesso dei casi emblematici - si legge nell’esposto - per le carni suine sono state fatte pagare braciole di capocollo come quelle di lombo; salsicce di suino, piene di coloranti e grassi, che quando fatte bollire esce una schiuma viola e si riducono del 50%, per le carni bovine, fettine di bovino tagliata spessa fatta pagare come bistecca di lombo, spezzato di bovino di cui 80% osso ed altro”.

Il caso è anche finito sul tavolo del sottosegretario alla giustizia Andrea Delmastro. Dal ministero si studia per capire se ci siano margini di manovra per rescindere il contratto con la Ventura, che oltre al carcere di Roma, gestisce il servizio vitto in altri penitenziari italiani.