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radiocolonna.it, 10 marzo 2022

La Garante “così lo Stato non cura”. La situazione delle carceri e dei detenuti di Roma, dopo due anni di pandemia, si è aggravata. “Dobbiamo ammettere che il carcere difficilmente cura”, è l’allarme lanciato dalla Garante dei detenuti di Roma, Gabriella Stramaccioni, oggi ascoltata nel corso della commissione Politiche sociali capitolina, presieduta dalla consigliera del Pd, Nella Converti. “Dal marzo del 2020 a oggi sono state interrotte tutte le attività, gli unici che potevano entrare in carcere eravamo io e il prete, ci andavamo ogni mattina, eravamo gli unici punti di riferimento per le relazioni con il mondo esterno e le famiglie”, ha spiegato la Garante. “Quando sono aumentati i contagi abbiamo dovuto aprire anche padiglioni inutilizzati, spazi in condizioni igieniche veramente scadenti: c’è stata una difficoltà di gestione che si è fatta sentire nella sua drammaticità”, ha aggiunto.

Inoltre “nelle carceri romane continuano a entrare persone anziane, persone senza fissa dimora, il 30 per cento con problemi di tossicodipendenza: hanno bisogno di cure specifiche, arrivano con patologie” e la carenza di personale della polizia penitenziaria “spesso comporta che saltino le visite mediche prenotate all’esterno, perché servono le scorte per accompagnare il detenuto e mancano se non c’è il personale”, ha aggiunto. La problematica principale, tuttavia, sembra riguardare il vitto. I detenuti lamentano pasti insufficienti e di cattiva qualità. In particolare per l’alimentazione di una persona reclusa, la gara d’appalto in essere, aggiudicata al massimo ribasso fin dagli anni Novanta, prevede un costo giornaliero di 2,39 euro per colazione, pranzo e cena, a fronte di una previsione di 5,7 euro di gara.

“C’è il problema del vitto e del sopravvitto - ha spiegato Stramaccioni -. I pasti sono scarsi ma la stessa ditta eroga anche il sopravvitto, ovvero gli alimenti che i detenuti possono comprare in carcere e che hanno costi anche alti. Tra l’altro i detenuti per la permanenza in carcere pagano 120 euro al mese: se hanno una busta paga, perché sono inseriti in un programma di lavoro in carcere, la somma viene trattenuta; in alternativa quando escono dall’istituto penitenziario si portano dietro un debito di giustizia da onorare”. La questione è stata denunciata da Stramaccioni anche alla Corte dei conti.