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di Rinaldo Frignani

Corriere della Sera, 26 giugno 2023

Ad affrontarsi dopo giorni ad alta tensione sono stati i detenuti della III e della VI sezione. Sale la tensione nel carcere di Regina Coeli dopo che da mesi i sindacati della polizia penitenziaria denunciano aggressioni agli agenti, alcuni dei quali ricoverati in ospedale con parecchi giorni di prognosi. Domenica mattina una settantina di reclusi della III sezione si sono scontrati con altrettanti reclusi della VI usando anche armi improprie. Alla fine non è chiaro il bilancio dei feriti, ma l’intervento dei poliziotti, nessuno dei quali è dovuto ricorrere alle cure mediche, ha consentito di far rientrare i reclusi nelle loro celle senza ulteriori incidenti.

“Nella mattina, dopo che ieri si erano avvertiti segni di tensione tra i detenuti ristretti nelle Sezioni III e VI, è scoppiato il finimondo - spiega Maurizio Somma, segretario nazionale per il Lazio del Sappe. Ieri i detenuti della III, tutti a torso nudo, non volevano rientrare nelle celle e solamente l’abilità persuasiva di un sovrintendente della polizia penitenziaria ha smorzato sul nasce l’alta tensione.  Stamane, con la scusa di recarsi alla Santa Messa, che si teneva nella rotonda, i detenuti della III Sezione, complice anche il fatto che i Reparti sono completamente aperti per la folle scelta della vigilanza dinamica, sono partiti in massa, almeno una settantina, armati con bastoni e spranghe ricavate dagli oggetti presenti nelle celle, per aggredire i ristretti ospitati nella VI Sezione. Poteva essere una carneficina, tenuto conto che s’erano solo tre poliziotti lì in servizio che comunque hanno fatto veramente l’impossibile per tentare di fronteggiare i rivoltosi”.

“I pochi detenuti del VI - sottolinea ancora il sindacalista - hanno chiamato i rinforzi ed un’altra sessantina di ristretti del loro Padiglione è accorso: i detenuti si sono picchiati violentemente, anche con le sedie di legno predisposte per seguire la Santa Messa, dando vita ad una maga rissa. Per fortuna, nessun poliziotto è rimasto coinvolto, contuso o ferito. Poi, con molte difficoltà, si è riusciti a separare e dividere i detenuti. Un lavoro, immane, per i poliziotti in servizio”. Somma denuncia ancora che “la cosa più grave che emerge da questa ennesima rissa è che nulla l’amministrazione riesce a porre in essere per eliminare queste lotte tra bande in cui potrebbe anche avere epiloghi peggiori. Ormai questi “giochi di potere” sono all’ordine del giorno, alla pari di luoghi malfamati come le banlieue francesi dove vige la legge della giungla. Tale situazione di immobilismo da parte dell’amministrazione penitenziaria sta mettendo a dura prova il lavoro della Penitenziaria, tanto che come Sappe e stiamo decidendo di dare vita a breve ad eclatanti azioni di protesta per manifestare il proprio disagio lavorativo”.

Per Donato Capece, segretario generale del Sappe, “così non si può andare più avanti: è uno stillicidio continuo e quotidiano. In pratica, ogni giorno nelle carceri italiani succede qualcosa, ed è quasi diventato ordinario denunciare quel che accade tra le sbarre. Le carceri sono un colabrodo per le precise responsabilità di ha creduto che allargare a dismisura le maglie del trattamento a discapito della sicurezza interna ed in danno delle donne e degli uomini della Penitenziaria. Importante è però evidenziare che solamente l’intervento del personale è riuscito a riportare la calma a Regina Coeli. Diversi ristretti sono rimasti feriti e, fortunatamente, nessun agente ha riportato danni malgrado l’intervento sia avvenuto in un clima di guerriglia. Ovviamente tutto ciò si è potuto verificare grazie al regime “aperto” e solamente la prontezza e professionalità del personale intervenuto ha evitato un epilogo ben più drammatico”.

“Ma ora - concludono dal sindacato - bisogna cambiare: basta vigilanza dinamica, regime e celle aperte in maniera indiscriminata. Servono punizioni efficaci a chi in carcere commette questi gravi atti di violenza. Tutto ciò si è potuto verificare grazie al regime “aperto” e solamente la prontezza e professionalità del personale intervenuto ha evitato un epilogo ben più drammatico”.