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di Romina Marceca

La Repubblica, 23 marzo 2023

La rabbia della sorella di Wissem. Dopo la svolta nelle indagini sulla morte del giovane avvenuta mentre era legato a un letto del servizio psichiatrico dell’Asl 3 di Roma, la famiglia chiede risposte e giustizia. Rania e la sua famiglia aspettano di conoscere la verità da quasi un anno e mezzo sulla fine di Wissem Ben Abdel Latif.

Adesso che in Tunisia è arrivata la notizia della svolta dell’indagine con quattro indagati per la morte del fratello nel Servizio psichiatrico dell’Asl 3 legato a un letto, Rania non trattiene più la rabbia: “Sono criminali, lo hanno ucciso perché era un migrante tunisino”. La sorella di Wissem ha 22 anni e adesso chiede all’Italia “tutta la verità, i responsabili devono pagare per quello che hanno fatto deliberatamente a mio fratello”.

Dopo un anno e quattro mesi ci sono i primi indagati. Cosa si aspetta adesso? È soddisfatta?

“Ora la verità è chiara dopo tutto questo tempo. La morte di mio fratello è stata una fine molto triste, una morte intenzionale. Non sono soddisfatta. Ci sono molte domande ancora senza risposta. Perché gli hanno fatto questo? Avevano il diritto di eseguire un sequestro di persona e di legarlo a un letto uccidendolo deliberatamente? Abbiamo aspettato un anno e quattro mesi per una notizia come questa”.

L’autopsia ha rivelato che a Wissem era stato iniettato un sedativo non prescritto e nessuno lo ha riportato nel registro clinico. Perché pensa che sia successo?

“In questo ospedale ci sono dei criminali che gli hanno fatto questo. La salute di mio fratello era buona, non soffriva di nessuna malattia. I due medici e i due infermieri indagati per me fanno parte di una gang”

Cosa chiede all’Italia?

“Chiedo all’Italia che vengano rispettati i diritti di mio fratello che è stato ammazzato. Solo così i nostri cuori potranno risposare in pace. Noi vogliamo che tutti quelli che hanno causato la sua morte siano dichiarati responsabili. C’è stata oppressione e ingiustizia contro Wissem. Non ci arrendiamo fino a che non gli sarà resa giustizia”.

Secondo lei suo fratello non è stato ucciso per uno sbaglio medico?

“E quando lo hanno messo in un letto legato per tre giorni, è anche questo un errore medico? Mio fratello è stato ucciso volontariamente. Era emigrato per lavorare in Francia, c’era un mio zio che lo aspettava per lavorare con lui. Wissem voleva migliorare la sua vita. Invece in questo ospedale ci sono delinquenti, criminali che l’hanno ammazzato così”.

E perché lo avrebbero ucciso?

“Lo hanno ammazzato perché era un migrante tunisino e perché non voleva ingerire le medicine che gli davano. L’immigrato non ha alcuna protezione internazionale”.

Secondo lei c’è dell’altro nella storia di suo fratello che è ancora da accertare? Bastano questi quattro indagati?

“Forse hanno fatto altre cose su di lui che ancora non sappiamo. Per me tutti i colpevoli sono nell’ospedale in cui ha trascorso gli ultimi giorni”.

Come state vivendo la fine di suo fratello? Come stanno i suoi genitori?

“Dopo la morte di mio fratello tutte le nostre vite sono diventate tristi. I miei genitori sono sotto shock. Non riesco a immaginare come si sia spento Wissem perché mi rattrista. Io e l’altro mio fratello eravamo i suoi piccoli, lui occupava di noi”.

Due giorni prima di morire i valori del sangue di Wissem evidenziavano un’anomalia. Nessuno tra i medici se ne accorse.

“Questo non lo sapevo. Quello che noi abbiamo sempre saputo è che Wissem è rimasto in ospedale legato giorno e notte a un letto”.

Suo fratello aveva problemi psichici?

“No, mio fratello era in buona salute, in piena capacità mentale. La prova è che Wissem, quando è arrivato al confine con l’Italia, è stato portato su una nave quarantena e non in un ospedale. Poi ha fatto delle foto quando era in prigione, al Cpr, e c’è un video in cui parla del posto brutto in cui si trovava e chiedeva aiuto. Lui stava bene, protestava”.