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di Lucandrea Massaro

Avvenire, 12 giugno 2023

Anni lontani dagli affetti, una vita da ricominciare con in più il pregiudizio che ti attende quando esci, è questa la vita per molti ex detenuti. Raccontando la cronaca giudiziaria la giornalista Flavia Filippi (La7) ne ha viste tante di queste storie e da un paio d’anni in prima persona e poi fondando una associazione (“Seconda Chance”), prova a dare una possibilità di riscatto a chi vuole una vita diversa dopo aver fatto una caduta, un errore, dopo averlo pagato.

Lo fa mettendo in contatto imprese e detenuti, aiutandoli nei colloqui facendo leva sulla possibilità di fare del bene, ma anche sulla Legge Smuraglia che concede sgravi fiscali a chi li assume. Un esempio è quello di Sergio Paolantoni, patron di Palombini e Presidente della Fipe-Confcommercio di Roma e provincia, alla guida una società che gestisce bar e catering in giro per la città e che ha accolto con calore questa iniziativa e la promuove tra i suoi associati.

“Noi abbiamo preso due ragazzi, ben accolte nel gruppo e che spero restino con noi anche in futuro”. E se l’iniziativa è lodevole, spiega Paolantoni, i problemi burocratici la rendono più complessa di quanto dovrebbe, con attese - tanto per fare un esempio - anche di quattro mesi prima di poter prendere una persona dopo i colloqui. Il Presidente ribadisce la disponibilità anche come associazione, purché le autorità semplifichino le procedure. Ma chi è che vive questa opportunità? È Flavia Filippi che ci indirizza a parlare con Giancarlo Mollo che incontriamo fuori dal salone di Balduina, dove lavora come parrucchiere.

Giancarlo esordisce, con la sua cadenza napoletana che fa subito simpatia, mettendo in chiaro che “A novembre finisco, io ero incensurato” e racconta “lavoravo a Napoli in un centro estetico, poi è arrivato il Covid e abbiamo chiuso”.

Alla fine si ritrova a Nettuno, dalla madre, e una sera mentre è fuori con una persona che frequenta, finisce in una rissa per difenderla. Si conclude con un processo per direttissima per aggressione aggravata e 3 anni e 8 mesi di carcere. Giancarlo lo dice subito “Per amor di Dio, ho sbagliato a reagire così” più avanti nella conversazione dirà “Oggi non farei nulla del genere, ma sul momento a tutti può capitare di sbagliare”. “Mi sono ritrovato 15 giorni al carcere di Velletri in isolamento, senza nemmeno un cambio di biancheria e senza poter contattare la mia famiglia”. Poi Rebibbia, dove tutto è più duro. La buona condotta, e dopo un po’ ha avuto accesso ai benefici del lavoro fuori anche grazie alla Filippi “che mi ha permesso di uscire da quel sistema”. Per Giancarlo è stata davvero una “seconda occasione”, che non solo gli ha aperto le porte del carcere e trovato un lavoro, ma “mi ha dato modo di reintegrarmi nella società e tornare ad essere quello che ero, a fare il mio mestiere”. Riappropriarsi di se stessi è il primo passo per mettersi il carcere alle spalle. “Non è solo tirare fuori una persona dalla sofferenza, ma anche quella di dargli una opportunità futura. E questa cosa non dovrebbe essere negata a nessuno”.

Massimiliano Basti ha una storia simile, lui però è “in affidamento” deve stare a casa entro le 21, ma da luglio tornerà ad essere un uomo libero. Massimiliano fa il grafico per uno stampatore part-time, sempre grazie a “Seconda Chance”, l’altra metà della giornata la passa nello studio di tatuaggi sulla Salaria all’altezza di Monterotondo Scalo che è riuscito a riaprire da pochi mesi. Massimiliano racconta come sta vivendo le ultime settimane “Col terrore!” spiega “con l’affidamento ho delle restrizioni sia per gli orari che per le frequentazioni.

Ad esempio non devo assolutamente frequentare persone pregiudicate, fare attenzione a certi luoghi, rispettare determinati orari, posso uscire solo dalle sei alle ventuno poi a casa. Se sgarro si ricomincia” e allora gli ultimi mesi vengono vissuti con l’angoscia di fare un errore e si diventa sospettosi.

Ma la parte più difficile è la lontananza dalla famiglia “Mentre ero dentro è morto il compagno di mia madre, stavano insieme da quarant’anni e mi ha fatto da padre e io non c’ero quando poteva avere bisogno di me” anche con la compagna dell’epoca è finita “ho perso un pezzo di famiglia, e di tanti amici me ne sono rimasti quattro o cinque che non si sono scordati di me, che mi hanno sostenuto in questo tempo”. Gli amici veri sono quelli che ti aspettano.