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di Alessia Candito

La Repubblica, 3 febbraio 2024

“Rispetto a Filippo Mosca, stiamo compiendo accertamenti sul caso”. Come già fatto per Ilaria Salis, la maestra 38enne detenuta in condizioni inumane e degradanti in Ungheria, il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale si muove anche per il 29enne nisseno finito in carcere in Romania. Sul suo caso, filtra dall’ufficio, si sta approfondendo, poi si potrà procedere all’avvio di interlocuzioni e interrogazioni formali con le autorità del Paese come già fatto per Ilaria Salis.

Nei giorni scorsi il presidente del collegio, l’avvocato Felice Maurizio D’Ettore, ha scritto al suo omologo ungherese Akor Kozma per chiedere conto delle “inumane e degradanti limitazioni imposte” a Ilaria Salis. Nella lettera si sottolinea la necessità e l’urgenza di “monitorare da vicino la situazione, nell’ottica di assumere azioni appropriate e immediate, per poi informare questa autorità sulle condizioni psicofisiche della signorina Salis”.

Una richiesta che appare perentoria. “Confidiamo - conclude la missiva - nella sensibilità delle autorità ungheresi e nella capacità di comprendere la serietà della questione che sta causando grave preoccupazione nell’opinione pubblica nazionale e internazionale”. Della missiva, sono stati informati con nota formale anche Alan Mitchell, presidente del comitato europeo per la prevenzione della tortura e dei trattamenti inumani e degradanti, la commissaria per i diritti umani Dunja Mijatovic e il direttore dell’agenzia europea per i diritti fondamentali Constantinos Manolopulos. E adesso medesima procedura potrebbe essere avviata per Filippo Mosca.

Nel frattempo si lavora per verificare eventuali casi simili fra i quasi duemila detenuti italiani finiti in carcere all’estero. Secondo i numeri pubblicati nell’ultimo annuario statistico della Farnesina, sono 1.924, fra cui 783 in attesa di giudizio, 1.101 condannati e 40 in attesa di estradizione. Una galassia composita, eterogenea, finita nei guai e dietro le sbarre per i motivi più diversi, spesso prigionieri di un sistema e condizioni che diventano pena aggiuntiva a quella che devono scontare.