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L’Osservatore Romano, 6 dicembre 2023

Presentati i progetti sociali della basilica di San Pietro in preparazione al Giubileo. I “Rosari del mare” e “Seconda chance”: sono i due progetti più significativi compresi nelle “azioni di carattere sociale della basilica papale di San Pietro in preparazione al Giubileo”. A presentarli è stato il cardinale arciprete Mauro Gambetti, durante un incontro con i giornalisti svoltosi stamane, martedì 5 dicembre, nella Sala stampa della Santa Sede, attualmente in via dell’Ospedale.

La prima iniziativa, avviata nel settembre scorso in collaborazione con la Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti, impiega persone rifugiate nella produzione di corone mariane destinate ai pellegrini che giungono in Vaticano; la seconda, portata avanti con l’associazione che ha lo stesso nome del progetto, promuove il reinserimento dei detenuti nella società tramite attività lavorativa.

Illustrando le motivazioni generali delle attività, il cardinale Gambetti ha indicato tre parole-chiave per l’Anno giubilare: gratuità, giustizia, perdono. Proprio da esse - grazie anche alla collaborazione con il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria del Ministero della Giustizia della Repubblica italiana e con le due associazioni coinvolte - nascono i progetti sociali promossi dalla basilica di San Pietro.

Riguardo alla gratuità, il porporato ha sottolineato che si vive in un mondo dove ciascuno “è un dono e tutto ciò che utilizziamo o di cui abbiamo il temporaneo possesso ha la sua origine nella gratuità”. Ne deriva che “prima di pensare alla retribuzione da ricevere, occorre impegnarsi per restituire ciò che è stato ricevuto in dono (in prestito), mettendo a disposizione degli altri il “talento” e i “talenti”.

Quanto alla giustizia, Gambetti ha fatto notare che la terra “in cui viviamo è una terra buona, terra donata, ma non solo a me. A tutti”. Per cui bisogna che “le diseguaglianze sociali, le sperequazioni, vengano quanto ridotte, dove non del tutto eliminate”.

Infine, parlando del perdono, il porporato lo ha definito “il motore e il carburante della gratuità e della giustizia”. Occorre “essere operatori di pace nel proprio ambiente, a partire da quello familiare” rispondendo “con mitezza alle parole offensive”, con “gesti di riconciliazione dove vi è divisione” e facendo “del bene a chi si pone come nemico”: tutti atteggiamenti “che costruiscono la pace, distruggono il potenziale del male e lo trasformano in bene”.

Entrando nello specifico, Gambetti ha poi annunciato che la sera del 9 dicembre, in occasione dell’accensione dell’albero e della benedizione del presepe in piazza San Pietro, la parrocchia di San Pietro organizzerà insieme al Dicastero per la Carità e con il supporto del Governatorato una cena con persone senza fissa dimora.

Inoltre, in vista del Giubileo, sono stati ampliati gli orari per la preghiera in basilica, aggiungendo l’appuntamento settimanale dell’adorazione eucaristica serale all’altare della Confessione ogni sabato alle 21.

Da parte sua Giovanni Russo, capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, ha sottolineato che uno dei tre assi portanti del significato giubilare, quello della giustizia, consiste nel riconoscimento della dignità di tutte le persone, anche di quelle la cui libertà è limitata. In proposito ha chiarito come la necessità che l’esecuzione di una pena possa e debba “essere scontata in condizioni di sicurezza, senza che venga mai misconosciuta l’identità del condannato. Il rischio è quello di considerare i detenuti non come essere umani ma come “corpi” da consegnare nei luoghi del carcere, o da trattare come numeri, come cose”.

Ha quindi preso la parola Flavia Filippi, fondatrice e presidente di “Seconda Chance”, associazione nata lo scorso anno per offrire opportunità di lavoro a carcerati, ex detenuti e loro familiari. Grazie alla collaborazione con il sodalizio, un ospite di Rebibbia Nuovo Complesso è già impiegato da alcuni mesi come elettricista presso la Fabbrica di San Pietro. E dopo recenti colloqui negli istituti romani di Rebibbia e di Regina Coeli, altre figure sono in corso di selezione.

La richiesta primaria, ha osservato la Filippi, è “trovare opportunità per i tanti ristretti che sono nella condizione giuridica adeguata per lavorare fuori, dove la carenza di manodopera è cronica in diversi settori, soprattutto nell’edilizia e nella ristorazione”. Ma i reclusi scrivono anche per colmare la solitudine, “per una risposta o una visita, per domandare se possono contare su di noi”.

L’intenzione di “Seconda Chance” è “di allargare, consolidare, ben strutturare sull’intero territorio nazionale questa piccolissima rete che, non contando su personale dedicato, non è potuta ancora uscire dall’artigianalità”. Purtroppo, ha evidenziato Filippi, reperire contratti di lavoro è molto difficile. Per individuare un “imprenditore senza pregiudizi disposto a venire in carcere con noi per valutare manodopera, e disinteressato ai lunghi tempi burocratici che passano prima che il detenuto venga autorizzato a lavorare fuori”.

Sempre in collaborazione con Seconda Chance, la Fabbrica di San Pietro ha aderito anche al progetto Mammagialla Sailin, presso il Carcere di Viterbo, dove è allestita una sartoria, nella quale i detenuti utilizzano vele in disuso per produrre borsoni per circoli sportivi, enti pubblici e aziende. La Fabbrica ha perciò richiesto borse da proporre ai visitatori nei punti vendita della basilica Vaticana.

Successivamente, Arnoldo Mosca Mondadori, presidente della Fondazione “Casa dello spirito e delle arti”, ha aperto il suo intervento rievocando una visita compiuta a Lampedusa, dove aveva constatato che le barche su cui arrivano i migranti venivano distrutte e smaltite come “rifiuti speciali”. Da qui l’intuizione che quel legno potesse diventare “memoria della storia di quelle persone in fuga dalla guerra e dalla povertà”. E nel 2021 ha chiesto al Governo italiano che il materiale delle imbarcazioni potesse essere riutilizzato. Da questo legno sono ricavati i “rosari del mare”, mentre con le chiglie vengono realizzate le croci da parte di persone detenute.

Il progetto si chiama “Metamorfosi” e prevede che le croci arrivino dal carcere insieme ai grani di legno: in un locale messo a disposizione dalla basilica di San Pietro vengono assemblati i rosari da due persone rifugiate. Con questa iniziativa, da una parte si cerca di far sì che tanti giovani, ricevendo la corona mariana, possano conoscere il dramma contemporaneo dei migranti; dall’altra, si offre un’occasione di lavoro in carcere, negli istituti penitenziari di Opera, Monza, Rebibbia e Secondigliano, dove ci sono le diverse liuterie e falegnamerie.

Con il legno delle barche infatti vengono anche realizzati violini nel carcere milanese di Opera. A coordinare i laboratori dove vengono costruiti i rosari è Erjugen, uno dei primi liutai, che Mondadori ha incontrato tredici anni fa. Accompagnato nel suo percorso, “ora da uomo libero, con il suo cartellino con la scritta “insegnante”, organizza il lavoro delle persone detenute e presto sarà anche nella Fabbrica di San Pietro per collaborare insieme al “falegname Stefano, presenza costante insieme alle due donne rifugiate, Suzanne e Ana Maria”. Una piccola parte del lavoro viene inoltre svolta da persone senza fissa dimora presso l’Opera Cardinal Ferrari di Milano. E il primo rosario prodotto è stato donato al Papa.

Russo (Dap): “Raddoppiare entro il 2024 il numero dei detenuti che lavorano”

agensir.it, 6 dicembre 2023

“Il nostro obiettivo è quello di raddoppiare, entro il 2024, il numero dei detenuti che lavorano”. Lo ha detto Giovanni Russo, capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) del Ministero della Giustizia della Repubblica italiana, intervenuto alla conferenza stampa di presentazione, in Sala stampa vaticana, delle “azioni di carattere sociale” promosse dalla basilica di San Pietro in vista del Giubileo. “Essere giusti nella fase di esecuzione della pena significa considerare permanentemente l’essenza umana delle persone detenute, in modo che non venga mai disconosciuta la propria identità”, ha spiegato Russo: “Il lavoro riveste un ruolo chiave nella vita degli uomini, anche in quella delle persone detenute: non è un modo di riempiere le giornate oziose dei detenuti, ma un tramite per ritrovare la dignità di sé stessi, per ricostruire la propria personalità fedeli al dettato costituzionali”. “Se c’è una funzione intrinseca della pena, accanto alla sua valenza punitiva, è quella di tendere al recupero del detenuto”, ha spiegato Russo, illustrando l’imponente politica di aiuto al lavoro del Dap, “che parte dalle attività formative all’interno o, dove possibile, all’esterno degli istituti penitenziari, per consentire ai detenuti di ritrovare la propria capacità di essere umano con la possibilità di instaurare nuove relazioni sociali e di essere capace, al termine dell’esecuzione della pena, di ritrovarsi nella comunità da pari a pari, in grado cioè di competere con le richieste che la società chiede a questo uomo ritrovato”. “Il lavoro penitenziario è retribuito, regolato con i contratti collettivi nazionali di categoria, esattamente come avviene per gli uomini liberi”, ha precisato Russo: “La nostra aspirazione è creare un ponte tra la capacità di conseguire titoli professionali all’interno degli istituti e la possibilità per il detenuto di trovare, una volta terminata la pena, un lavoro che gli consenta di inserirsi nel contesto sociale a testa alta, disponibile a rispettarne le regole”. Tutto ciò, attraverso la collaborazione con partner come “Seconda chance”, che fa attività di “work scouting” anche per la Fabbrica di San Pietro, o della “Casa dello spirito e delle arti”, che tra le tante attività ha quella di confezionare “Rosari del mare” con il legno delle barche dei migranti che vengono distrutte.

Filippi (Seconda Chance), “riceviamo continue richieste dai detenuti, vogliamo allargare la rete all’intero territorio nazionale”

“L’arrivo in Vaticano del primo detenuto di Seconda Chance, lo scorso primo settembre alle 6.55 del mattino, è stato un momento indimenticabile”. Lo ha raccontato Flavia Filippi, fondatrice e presidente dell’Associazione “Seconda Chance”, intervenendo alla conferenza stampa di presentazione, in Sala stampa vaticana, delle “azioni di carattere sociale” della basilica di San Pietro in vista del Giubileo. “Il suo sorriso stupefatto mentre correva verso l’ingresso del Sant’Uffizio per arrivare puntuale alle 7 segna l’avvio di un percorso cominciato un anno e mezzo fa grazie al Cardinale e alla Fabbrica di San Pietro”, ha spiegato la relatrice: “Diversi colloqui di selezione sono in corso per altre posizioni presso la Fabbrica. Siamo già tornati a Rebibbia e a Regina Coeli per valutare alcuni candidati. Il progetto si diffonde con una velocità impressionante: inizialmente Seconda Chance puntava solo al reinserimento lavorativo dei detenuti, ma l’Associazione si è presto trasformata in un punto di riferimento per la popolazione carceraria”. “Al nostro indirizzo - ha proseguito Filippi - riceviamo continue richieste dai detenuti, dai familiari, dagli avvocati, ma anche da operatori penitenziari che ci chiedono di portare corsi di formazione, di procurare forni per pizza e attrezzi da palestra, di provare a migliorare le infrastrutture sportive, di organizzare eventi sportivi, culturali, musicali. La richiesta primaria però è quella di trovare opportunità per i tanti ristretti che sono nella condizione giuridica adeguata per lavorare fuori, dove la carenza di manodopera è cronica in diversi settori, soprattutto nell’edilizia e nella ristorazione. Ma i reclusi ci scrivono anche per colmare la solitudine, per una risposta o una visita, per domandare se possono contare su di noi. E quando escono in permesso ci telefonano sempre, talvolta passano a salutarci”. L’intenzione di Seconda Chance, ha spiegato la fondatrice, “è quella di allargare, consolidare, ben strutturare sull’intero territorio nazionale questa piccolissima rete che, non contando su personale dedicato, non è potuta ancora uscire dall’artigianalità. Reperire contratti di lavoro è una fatica immensa. Non bastano le mail, le telefonate, i biglietti da visita lasciati nei bar, nei ristoranti, nei negozi, nelle autofficine, nelle fabbriche, nelle aziende edili, agricole, grafiche. Per individuare un imprenditore senza pregiudizi disposto a venire in carcere con noi per valutare manodopera e disinteressato ai lunghi tempi burocratici che passano prima che il detenuto venga autorizzato a lavorare fuori, occorrono pazienza, sensibilità, cuore, tempo”.

Card. Gambetti, il 9 dicembre una cena con 150 persone senza fissa dimora

“Tre parole risuonano nell’anno giubilare. Gratuità, giustizia, perdono”. Lo ha ricordato il card. Mauro Gambetti, arciprete della basilica vaticana, vicario generale del Papa per la Città del Vaticano e presidente della Fabbrica di San Pietro, nella conferenza stampa di presentazione - in Sala stampa vaticana - delle “azioni di carattere sociale” della basilica di San Pietro in preparazione al Giubileo. La gratuità. “Bisogna che le diseguaglianze sociali, le sperequazioni, vengano quanto più possibile ridotte, dove non del tutto eliminate”, l’appello sulla scorta della seconda parola: “Certamente gli indigenti non mancheranno mai, ma dobbiamo lottare per contrastare la miseria - economica, culturale, spirituale - per consentire a tutte e a tutti di avere le medesime opportunità di crescita e di godere dei beni della terra e del cielo”. Per Gambetti, inoltre, “occorre essere operatori di pace nel proprio ambiente, a partire da quello familiare, praticando il perdono”, che significa “rispondere con mitezza alle parole offensive, porre gesti di riconciliazione dove vi è divisione, fare del bene a chi si pone come nemico sono alcuni degli atteggiamenti che costruiscono la pace, distruggono il potenziale del male e lo trasformano in bene”. Da queste convinzioni e dalla collaborazione con il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del Ministero della Giustizia della Repubblica Italiana, con la Fondazione “Casa dello Spirito e delle Arti” e con l’Associazione “Seconda Chance”, nascono i progetti sociali della basilica. Accanto a questi progetti, la sera del 9 dicembre, in occasione dell’accensione dell’albero e della benedizione del presepe di Greccio in piazza San Pietro - ha annunciato il cardinale - la parrocchia di San Pietro organizza insieme al Dicastero per il Servizio della Carità e con il supporto del Governatorato una cena con 150 persone senza fissa dimora. “In preparazione al giubileo abbiamo inoltre ampliato gli orari per la preghiera in basilica, aggiungendo al sabato alle 21 l’appuntamento settimanale dell’adorazione eucaristica serale all’Altare della Confessione”, ha ricordato Gambetti, citando il ciclo delle “Lectio Petri”, già iniziate dalla Fondazione Fratelli tutti in collaborazione con il Cortile dei Gentili.