di Francesco Campi
La Voce di Rovigo, 27 settembre 2024
“Entro la fine dell’anno il carcere minorile in via Verdi aprirà i battenti, ma non si sa ancora quale sarà l’organizzazione, perché si tratta di un’apertura anticipata e parziale per alleviare le difficoltà degli altri istituti per minori”. A dirlo, Gianpietro Pegoraro, coordinatore regionale della Fp-Cgil penitenziari. Tuttavia, aggiunge Pegoraro, tante sono al momento le incognite: “Come Cgil abbiamo chiesto confronto a livello centrale al Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, perché ancora adesso non sappiamo chi andrà dentro, quale sarà il numero di operatori e di detenuti. Perché se vanno tutti quelli dell’istituto di Treviso, si dovrebbe essere già con un organico strutturato, invece manca tutto, soprattutto non sono state nemmeno individuate la figura del medico e quelle degli educatori”.
Il sindacalista, che esprime la propria preoccupazione anche per quanto avvenuto nel carcere “dei grandi”, dove lunedì un ispettore della polizia penitenziaria è stato aggredito da un detenuto, che gli ha provocato lesioni che sono state refertate con una prognosi di 14 giorni. Un detenuto che già nel recente passato si era reso protagonista di un altro episodio di danneggiamenti e minacce. “Il punto è che non è stata ancora trovata una soluzione per i detenuti con problemi psichiatrici, dopo la riforma avviata nel 2008 che ha portato alla chiusura degli Ospedali psichiatrico giudiziari ed alla ‘sanitarizzazione’ con le Residenze per l’esecuzione di misure di sicurezza ma che accolgono solo pochi detenuti e con reati gravi. Per gli altri si pone un vero problema, anche perché poi non è ben chiaro se davvero si rendano conto del perché della pena. All’ispettore va tutta la solidarietà, nella speranza che si riesca a porre un freno a questo tipo di episodi”.
Episodi che, però, si stanno verificando anche nelle carceri minorili. Il 31 agosto al Beccaria di Milano, i 58 detenuti presenti hanno appiccato incendi in alcune celle per scatenare il caos ed approfittarne per fuggire. Ne sono nati dei disordini, con otto feriti, e ben quattro detenuti sono riusciti a scavalcare il muro di cinta, ma dopo ore di ricerche sono stati rintracciati.
Già a giugno, sempre dal minorile di Milano erano evasi due minorenni. E, tra luglio ed agosto ci sono stati altri incendi ed aggressioni. Non va meglio a Roma, dove due settimane fa il carcere minorile di Casal del Marmo è stato teatro di una rivolta di una ventina di detenuti che hanno incendiato un materasso e si sono barricati in sala mensa, con l’intervento della polizia in assetto antisommossa. Tensioni che erano iniziate già dalla notte precedente, coda dell’episodio della settimana precedente, quando ancora un incendio, aveva innescato un tafferuglio, con una agente della penitenziaria che rimasta intossicata fu costretta alle cure dell’ospedale, poi un detenuto medicato in infermeria dopo aver ingerito del vetro.
Per non parlare di Treviso, proprio l’istituto che dovrebbe essere di fatto “trasferito a Rovigo, dove due anni fa una rivolta ha visto distrutti gli impianti e le suppellettili e l’incendio dei materassi, con il fuoco che ha aggredito parte della struttura mentre un denso e acre fumo nero l’ha invasa, levandosi poi in cielo, in una sommossa è durata per quasi un giorno, tenendo impegnati vigili del fuoco, Suem 118, polizia e carabinieri, con tiratori scelti saliti sui tetti. Un vero e proprio inferno.
Secondo Pegoraro “tutta questa fretta di aprire Rovigo è dovuta proprio alla situazione del sistema carcerario minorile”. Del quale, a breve, farà parte anche Rovigo. Nel giro di tre mesi, infatti, nel cuore della città potrebbero arrivare i primi ragazzi. Per questo, come spiega Pegoraro, “il minorile di Rovigo aprirà prima ancora di essere pienamente completato e prima ancora che siano definiti gli organici dei medici e degli educatori. Così come è organizzata la reclusione dei minori è quanto di più lontano dal dettato costituzionale del fine rieducativo della pena. Poi, va detto che Il vero problema è rappresentato dai cosiddetti ‘giovani adulti’, quei soggetti detenuti per reati commessi quando erano minori anche se ormai hanno superato i 18 anni. Uomini di 23, 24 anni, che non è il caso tenere assieme a ragazzini di 15, 16 anni. Come quello che è accaduto a Treviso insegna. Per me il minorile non ha proprio senso di esistere, i ragazzini devono avere percorsi diversi”.
Un anno fa per il “carcere minorile del Triveneto erano stati messi a disposizione 3,5 milioni di euro per coprire i costi necessari al completamento della nuova struttura per la quale erano stati inizialmente stanziati 5 milioni. L’appalto per la costruzione del carcere per minori è stato affidato il 29 dicembre 2020 per un importo di 8.935.985 euro. I lavori sono stati consegnati il 15 ottobre 2020 con una durata prevista dei lavori di 645 giorni. Quattro anni dopo il carcere sembra vicino ad aprire i battenti.
Come si legge nell’ultimo rapporto di Antigone, “alla fine del febbraio 2024 erano 532 i giovani reclusi nei 17 istituti penali per minorenni d’Italia. Una cifra che sta rapidamente crescendo. Solo due mesi prima, alla fine del 2023, si attestava sulle 496 unità. Alla fine del 2022 le carceri minorili italiane ospitavano 381 ragazzi. L’aumento, in un anno, è stato superiore al 30%. Se alla fine del 2022 i minori e giovani adulti in carcere rappresentavano il 2,8% del totale dei ragazzi in carico ai servizi della giustizia minorile, oggi tale percentuale è pari al 3,8%. Dopo il calo delle presenze dovuto alla pandemia da Covid-19, i numeri stanno rapidamente risalendo”.
Si tratta anche degli effetti delle norme contenute nel cosiddetto “Decreto Caivano”, con il quale, fra le altre cose, è stato è stato disposto un abbassamento generale delle soglie di pena utili all’applicazione delle misure cautelari, abbassata da 9 a 6 anni la pena nel massimo richiesta ai fini dell’applicazione della custodia cautelare in carcere al soggetto minore.
“Il dato relativo al tipo di delitti che portano i giovani in carcere - spiega Antigone - mostra un problema del sistema: nel corso del 2023, solo il 22,7% dei reati che hanno comportato la reclusione in carcere riguardava reati contro la persona, tendenzialmente la categoria più grave, ben il 55,2% riguardava invece reati contro il patrimonio, categoria che comprende fattispecie meno gravi. Se tuttavia la detenzione deve realmente costituire una misura estrema, dovrebbe venire usata solamente per i reati più seri”.