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di Marco Imarisio

Corriere della Sera, 25 luglio 2022

La prima tappa del ministro degli Esteri russo è in Egitto. Mosca ammette il raid sul porto di Odessa: “Colpiti obiettivi militari”. L’Africa è al tempo stesso il granaio della politica estera russa e la vittima principale della guerra russa del grano.

“Alcune delle sanzioni illegittime che ci hanno imposto, come quelle che riguardano le compagnie assicurative, l’accesso ai porti stranieri delle nostre navi e viceversa, sono di ostacolo alla piena attuazione dell’accordo sullo sblocco delle forniture di frumento ucraino”. Non è un caso che Sergej Lavrov abbia pronunciato al Cairo queste frasi a metà tra la proposta di baratto e le scuse non richieste, durante la prima tappa della sua trasferta africana, facendo appello anche al segretario generale dell’Onu Antonio Guterres di facilitare la revoca delle misure decise dall’Occidente.

Era il 2 marzo 2022, una settimana dopo l’inizio della guerra, quando l’Assemblea generale delle Nazioni Unite propose una risoluzione con la quale si chiedeva alla Russia di cessare “con effetto immediato” l’uso della forza contro l’Ucraina. Quel testo venne approvato da 141 Paesi membri e respinto da altri 5, tra cui l’Eritrea. Ad astenersi furono in 35, tra cui 25 Stati africani. Il Cremlino raccoglieva così i frutti concreti dei legami creati negli ultimi vent’anni attraverso una serie di accordi commerciali con quel continente.

Ma lo sguardo al sud del mondo non è una novità introdotta dagli attuali vertici del Cremlino. Il primo a investire sull’Africa e sul suo malcontento verso l’Occidente fu Nikita Kruscev alla fine degli anni 50, come reazione alla Guerra fredda con gli Usa. L’Unione Sovietica impegnò gran parte dei fondi destinati all’estero per finanziare progetti in Algeria, Libia, Angola, Guinea. Con Putin, i legami si sono fatti più stretti. Fu lui a proporre la cancellazione “come gesto di amicizia” del debito da quasi 5 miliardi di dollari dell’Algeria nei confronti della Russia. Poi venne firmato tramite Gazprom un accordo sul gas “molto conveniente” dall’allora Fronte di liberazione nazionale.

La politica africana della Russia è diventata una branca a sé della politica estera, con la nomina a partire dal 2011 di un rappresentante speciale per la Cooperazione che ha gli stessi poteri di un ministro, capace di siglare accordi in campo metallurgico, minerario e diamantifero, ma anche militare e della sicurezza.

Nel 2019, si è tenuto il primo vertice Russia-Africa a Sochi. Ma oggi proprio quei Paesi africani a cui fa di continuo riferimento Putin nei suoi discorsi sulla costruzione di un nuovo ordine mondiale, svincolato dall’Occidente, sono i più colpiti dalla guerra in Ucraina. In primo luogo, per la carenza di beni alimentari, e poi per via del fatto che gran parte delle risorse europee destinate all’aiuto dei Paesi poveri sono state indirizzate all’accoglienza dei profughi ucraini.

“L’Ucraina sminerà i porti e lascerà che le navi prendano il mare, mentre Russia, Turchia e un’altra parte, determinata in seguito, scorteranno le navi”, ha spiegato ieri Lavrov alla Lega Araba, affermando che il memorandum Russia-Onu firmato in concomitanza con gli accordi di Istanbul “vincola il segretario generale dell’Onu ad avviare il processo, persuadendo i Paesi occidentali a revocare tutte le restrizioni” all’esportazione di grano russo. Dopo l’iniziale diniego, Mosca ha riconosciuto ieri di aver bombardato sabato il porto di Odessa, affermando che si tratterebbe di un attacco “di alta precisione” che avrebbe distrutto “una nave da guerra ucraina e missili anti-nave Harpoon forniti dagli Usa”.

In un articolo a sua firma pubblicato sui principali quotidiani africani, Lavrov scrive che il suo Paese supporta l’Africa “nella sua lotta per sottrarsi all’eterno giogo coloniale” e respinge l’accusa di “esportare la carestia”, definendo quest’affermazione come un frutto avvelenato della propaganda occidentale. Però è costretto ad aggiungere che le sanzioni occidentali hanno esasperato “tendenze e dinamiche negative” del mercato internazionale dei beni di prima necessità. Le prossime tappe del suo viaggio saranno in Etiopia, Uganda e Congo. Tutti alleati, tutti allo stremo, e perplessi sulla strategia russa. “Rispetteremo i nostri obblighi con voi” ha promesso il navigato ministro degli Esteri. Chissà se può bastare. Attenzione all’Africa.