di Riccardo Ricci
La Repubblica, 5 agosto 2024
Un pacifista russo è morto in cella il 27 luglio, pochi giorni prima dello storico scambio di detenuti tra i paesi occidentali e la Russia. Pavel Kushnir, 39 anni, di professione pianista, era meno noto ai media degli attivisti liberati il primo agosto. Numerosi detenuti per reati politici si trovano ancora nelle prigioni e rischiano di morirci, come successo a Kushnir e prima di lui ad Aleksej Navalny. Il musicista e attivista si trovava in un centro di custodia cautelare di Birobidzhan, nell’Estremo Oriente russo. Secondo fonti locali, era accusato di tentativi di rovesciamento violento dell’ordine costituzionale.
Nella regione autonoma ebraica Kushnir era arrivato nel 2023, dopo una carriera che lo aveva portato prima alla Filarmonica regionale di Kursk, poi a Kurgan. In una intervista all’emittente statale Bira aveva detto di voler “correre il rischio e restare”, anche di fronte all’eventualità di essere “mandato in prigione, arruolato o licenziato”.
Il 31 maggio di quest’anno è stato arrestato per aver criticato sui social network il governo e l’operazione militare in Ucraina: a soli quattro video pubblicati sul suo canale Youtube, che al momento conta meno di 90 iscritti.L’arresto di Pavel Kushnir è stato segnalato sul gruppo “Netipichnyj Birobidzhan” sul social network russo VKontakte, che raccoglie le notizie d’interesse per la comunità locale.
Secondo la ricostruzione postata sulla pagina social, al momento dell’arresto gli agenti dell’Fsb lo avrebbero trovato in possesso di una tessera contraffatta dell’Fbi. Le accuse che lo hanno portato in cella, tuttavia, riguardavano gli “appelli pubblici ad attività terroristiche”. Kushnir stava facendo uno sciopero della fame e “il suo corpo non è stato in grado di sopportarlo”, ha raccontato Olga Romanova, fondatrice della ong Rus Sidjashchaja (Russia Behind Bars). Altri dettagli sulla sua morte sono ancora sconosciuti. “È sempre stato molto sensibile all’ingiustizia - ha detto al media indipendente Vot Tak un’amica del pianista, Olga Shkrygunova - Una volta, quando avevamo quindici anni, scommettemmo che non si sarebbe piegato al sistema. E non ha ceduto. Quindi ha vinto”.
Il sostegno a tutti detenuti in Russia per reati politici è stato il filo rosso della prima conferenza stampa dopo il rilascio degli attivisti Andrej Pivovarov, Vladimir Kara-Murza e Ilja Jashin. Per quanto si tratti del più grande scambio di detenuti nella storia post-sovietica, la liberazione dei 16 detenuti dalle prigioni russe resta “una goccia nell’oceano”, secondo il giornalista Vladimir Kara-Murza.
“Chiedo a tutti: scrivete ai prigionieri politici - ha aggiunto l’attivista - non potete immaginare quanta luce e calore fornisca un piccolo pezzo di carta”. “La nostra scarcerazione ha dato speranza a tutti i prigionieri politici”, ha dichiarato a sua volta Pivovarov, ex direttore della ong Open Russia. “Il compito principale - ha aggiunto - è quello di sviluppare misure che consentano alle persone in Russia di esprimere posizioni politiche a un livello di rischio per loro accettabile”. Per Ilja Yashin, che come Pavel Kushnir avrebbe preferito restare in patria, la scarcerazione di tutti i prigionieri politici rappresenta l’obiettivo finale a cui dovrebbe mirare la comunità internazionale, anche nella prospettiva di una fine delle ostilità in Ucraina. “Non dovremmo chiedere scambi, ma cercare un’amnistia politica su larga scala” - ha dichiarato il politico - “Nell’ambito di una soluzione di pace, una delle questioni principali dovrebbe essere la liberazione delle persone imprigionate senza motivo”.