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di Francesco Brusa

Il Manifesto, 18 febbraio 2024

Il giorno dopo il decesso dell’oppositore in carcere, la famiglia arriva alla colonia penale e denuncia: il corpo non si trova. Centinaia di arresti in giro per il paese. E dalle autorità escono “verità” diverse. Con Navalny è morto un uomo ed è scomparso un simbolo. Non stupisce che anche in una Russia sempre più stretta tra i morsi della guerra e la morsa della repressione, siano tornate le proteste: sono migliaia le persone che in diverse città hanno manifestato in onore dell’oppositore politico appena deceduto.

Tra Mosca e San Pietroburgo, Ufa e Kazan, Rostov-sul-Don e Tomsk, centinaia gli arresti: i dati forniti dall’associazione per i diritti dei detenuti Ovd-info vengono aggiornati in continuazione e nella serata di ieri siamo già a 359 segnalazioni; molto spesso - come si vede dai video diffusi sui canali d’informazione indipendenti - i fermi avvengono in maniera dura e moderatamente violenta, a fronte di mobilitazioni in tutto e per tutto pacifiche: già dalla scorsa notte, i manifestanti hanno iniziato a depositare fiori ai piedi dei monumenti per le vittime della repressione sovietica presenti nelle varie città.

Si tratta di una modalità di contestazione già utilizzata per dissentire dalla brutalità dell’invasione in Ucraina. Esattamente un anno fa, fiori e peluche erano stati portati alla statua della poeta ucraina Lesija Ukrainka in occasione di un sanguinoso attacco missilistico russo su Dnipropetrovsk. Oggi nella capitale la piccola folla in ricordo di Navalny si è diretta alla pietra Solovetsky vicino la vecchia sede dei servizi segreti della Lubjanka, dove sorgeva il monumento dedicato al capo della polizia sovietica Felix Dzerzhinsky, rimosso nel 1991 dopo un tentativo di abbattimento, poi spostato in un parco museale e infine nuovamente eretto nello spazio pubblico, ma in una diversa zona, proprio lo scorso settembre.

In un tragico “scambio di ruoli” tante persone in Russia escono di prigione per andare a morire in guerra (secondo un’inchiesta del Washington Post dello scorso ottobre, potrebbero essere oltre 100mila i detenuti arruolati in Ucraina), mentre tante altre come Navalny finiscono in carcere per essersi opposte alla guerra o comunque al potere di Putin, e vi muoiono in circostanze poco chiare. È quanto stanno denunciando i parenti e i collaboratori del politico russo appena deceduto: “Le autorità stanno facendo di tutto per non consegnare il corpo - ha scritto su X la portavoce di Navalny, Kira Yarmish - Mentono in continuazione, confondendoci e facendo perdere le loro tracce”.

Gli avvocati e la madre sono arrivati nel primo pomeriggio di ieri all’obitorio di Salechard, il capoluogo del circondario autonomo Jamalo-Nenec (sul Mar Glaciale Artico) dove è situata la colonia Ik-3 in cui era detenuto Navalny. Stando ai loro resoconti, non è stato possibile accedere all’edificio e si stanno susseguendo informazioni contraddittorie: la causa della morte è stata in prima battuta indicata dai notiziari filo-governativi come Russia Today nella “rottura di un coagulo di sangue” e in un “blocco di un’arteria”; poi, il Comitato investigativo che ha in custodia il corpo avrebbe invece detto agli avvocati e alla madre che si è trattato di una non meglio specificata “sindrome da morte improvvisa”, riferisce sui suoi canali Ivan Zhdanov, collaboratore di Navalny.

In un paio di interviste concesse ai media di opposizione Meduza e Agenstvo, il medico rianimatore Aleksandr Polupan (membro del gruppo di consulenza che ha lavorato con Navalny a Omsk dopo il tentativo di avvelenamento nei suoi confronti e sempre rimasto in contatto con la squadra di legali del politico russo) fa notare che ragioni di decesso come quelle riportate dai notiziari statali non possono essere stabilite senza autopsia. Inoltre, il fatto che la morte sia stata caratterizzata come “improvvisa” e immediata non quadra con il resoconto diramato venerdì dal Servizio penitenziario federale, secondo cui avrebbe prima perso conoscenza per poi non farcela nonostante i soccorsi. Infine, argomenta ancora Polupan sulla base delle ultime informazioni in suo possesso, le condizioni di salute di Navalny erano sì andate deteriorandosi in carcere ma non c’erano elementi che avrebbero potuto far temere per una sua scomparsa repentina.

Sembrerebbe che il corpo verrà trattenuto dal Comitato investigativo per procedere a un’indagine appropriata e a una seconda autopsia - cosa che legalmente lascerebbe alle autorità 30 giorni di tempo per la riconsegna della salma ai familiari. Anche l’Onu ha fatto appello affinché si svolga un’inchiesta “trasparente e credibile”, specificando che quando una persona muore sotto custodia statale è lo stato stesso che occorre considerare responsabile in via preliminare. Dal Cremlino intanto nessun cordoglio, solo sdegno per le “rabbiose e inaccettabili” reazioni dell’Occidente. “I servizi penitenziari stanno operando”, riferisce laconico Peskov.