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di Giorgio Pogliotti

Il Sole 24 Ore, 17 aprile 2024

Il trattamento economico e normativo del lavoro alle dipendenze dell’Amministrazione penitenziaria va equiparato agli standard ordinari dei contratti collettivi nazionali di riferimento. È una delle proposte della giornata di studio al Cnel, che ha visto tutti i partecipanti d’accordo su un principio confermato da tutte le statistiche: se un detenuto impara e trova un lavoro, la percentuale di recidiva tende ad annullarsi.

Il presupposto è il cambiamento di prospettiva in atto, sottolineato da Paolo Sommaggio (Università di Padova): “In passato c’era un approccio puramente afflittivo focalizzato solo sul reato commesso - ha detto - adesso si guarda anche al futuro, attraverso la formazione e il lavoro”. Dunque il carcere può trasformarsi in una risorsa. L’iniziativa del Cnel propone un’azione di sistema, attraverso un’alleanza tra diversi soggetti, “i corpi intermedi sono strategici”, ha sottolineato il viceministro al Lavoro Maria Teresa Bellucci, ricordando come dal programma di politiche attive Garanzia occupabilità dei lavoratori che ha una dote di 4,4 miliardi “nel percorso di inclusione sociale per la presa in carico delle persone più fragili, compreso chi sta scontando una pena, erano esclusi gli enti del Terzo settore che invece abbiamo coinvolto”.

Del resto, come ha ricordato Vanessa Pallucchi, portavoce forum nazionale Terzo settore, “da decenni ci occupiamo dell’inclusione delle persone dentro e fuori dal carcere”. Resta molto da fare, considerando che di circa la metà dei 6imila detenuti non si conosce il titolo di studio, al 33,5% non è stata rilevata la professione. Solo un terzo lavora, ma l’85% è impiegato dall’Amministrazione penitenziaria.

Le Agenzie per il lavoro possono svolgere un ruolo importante nel collocamento dei detenuti: “Possiamo favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro - ha spiegato Francesco Baroni presidente di Assolavoro - attraverso la rete di 2.500 filiali presenti nel territorio nazionale specializzate nella formazione mirata all’occupabilità delle persone, tenendo conto delle criticità di ciascuno”. Il reinserimento degli ex detenuti nel mondo del lavoro e nel circuito economico “è un investimento dello Stato sulla persona”, ha aggiunto Mario Baccini, presidente dell’Ente nazionale per il microcredito, la “microfinanza è uno strumento che implementa le ragioni di un’economia sociale e di mercato e rimette al centro la persona”.

Un altro attore importante è Cooperazione finanza impresa: “Dal Duemila - ha ricordato l’Ad Luca Bernareggi - interveniamo a supporto della cooperazione sociale per l’inserimento di lavoratori svantaggiati, sosteniamo 200 cooperative, di cui 90 cooperative sociali, riuscendo ad arrivare laddove le risposte ordinarie non arrivano”.

Un altro tassello del sistema di formazione e istruzione è rappresentato dalla Conferenza nazionale dei poli universitari che riunisce 44 università: “Abbiamo 1.707 iscritti in 137 istituti penitenziari, nel 2018 erano 800”, ha ricordato il presidente Franco Prina. Ma, ha ammonito Don Marco Pagniello, direttore Caritas, “a volte al detenuto non basta un titolo di studio o il lavoro, noi possiamo accompagnare queste persone che se non trovano un contesto sano, non ci sarà mai “recidiva zero”.

Va nella direzione di restituire dignità ai detenuti il progetto “Teatro in carcere” promosso dall’Associazione di Fondazioni e Casse di risparmio (Acri), giunto alla sesta annualità: “coinvolge circa 300 detenuti”, ha spiegato il dg Giorgio Righetti. Ma per il successo dell’iniziativa è importante il capitolo governance: in un documento Cgil, Cisl e Uil sottolineano come l’attivazione del segretariato permanente presso il Cnel consentirà “sinergie per risorse ed expertise provenienti dalle diverse amministrazioni, parti sociali, Terzo settore”, per offrire un “hub di raccordo con l’Amministrazione penitenziaria”.