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di Caterina Stamin

La Stampa, 11 marzo 2023

Facili da trovare su Internet, sono in fortissimo aumento e al di fuori del controllo dei medici: c’è chi li usa contro l’ansia, chi come droga e chi per migliorare le prestazioni a scuola.

Basta scavare nel cassetto del nonno, nell’armadietto delle medicine dei genitori o fare una veloce ricerca su Google. C’è anche chi poi si scomoda un po’ di più e si rivolge al farmacista, con o senza ricetta. Tra i giovani è aumentato il consumo di psicofarmaci: trovarli è semplice e giustificarne l’uso improprio ancora di più. Ma buttarsi tra le braccia della chimica non è quasi mai la soluzione. A sottolinearlo è Giuseppe Maina, professore ordinario di Psichiatria all’Università di Torino e direttore dell’unità complessa di psichiatria dell’ospedale San Luigi Gonzaga di Orbassano. Specialista in disturbi depressivi, riconosce come mai come in questi anni sia aumentata la non solo la “prescrizione da parte di specialisti di psicofarmaci”, ma anche l’abuso al di fuori delle indicazioni mediche. Complice, ovviamente, la pandemia.

“La prima cosa che spinge i giovani a fare uso di psicofarmaci è la falsa credenza che risolvano i conflitti, ma è sbagliato: servono a curare dei disturbi, i problemi esistenziali non si annullano con i farmaci”. Il secondo punto, aggiunge l’esperto, “è che con lo psicofarmaco oramai si cerca una droga a buon prezzo, c’è la tendenza ad assumerli per lo sballo. Poi, ma in minoranza, a volte i giovani li prendono per tentare di migliorare le prestazioni scolastiche o sportive: cercano degli eccitanti, ma è un consumo improprio e sbagliato”. La facilità a reperirli non aiuta. “È possibile - prosegue Maina - che i giovani abbiano questi farmaci perché magari li trovano in casa. Nei casi più raffinati, temo che qualcuno li trovi in vendita su internet. I farmacisti non dovrebbero darli senza ricetta e sono abbastanza attenti, ma chi lo sa”.

I rischi di assumere farmaci fuori dal contesto medico sono “effetti collaterali al fegato o ai reni - sottolinea Maina -. Alcuni farmaci possono ridurre molto le capacità di reagire e di avere i riflessi pronti, quindi si rischia alla guida dell’auto, per esempio”. In questo quadro allarmante giocano un ruolo centrale e moltiplicatore i social. “Per molti sono la fonte di informazione e comunicazione prevalente”, evidenzia Maina, che riconosce però anche l’aspetto positivo: possono aiutare a sdoganare tabù e a far crescere nei ragazzi la consapevolezza che si può far qualcosa per i propri disturbi. “È bene che si parli di depressione, come di qualsiasi altro disturbo. Ma bisogna sperare che passino informazioni corrette e la scuola potrebbe essere il luogo più giusto dove parlarne”.