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di Edoardo Semmola

Corriere Fiorentino, 16 aprile 2022

La garante Ciuffoletti (Altro Diritto): la nostra attività non è ben accolta. “Consideravano il direttore Giuseppe Renna troppo vicino a istanze e diritti dei detenuti. Troppo orientato ad ascoltarli. Si sono sentiti minacciati, dopo che il caso delle torture a San Gimignano è deflagrato.

Perché quella che dovrebbe essere considerata una normale politica di direzione carceraria è stata vissuta dagli agenti come fosse in contrasto alle loro esigenze. Come se le due cose fossero in alternativa. Ma non è così, non deve essere così: un carcere che funziona persegue entrambe le istanze, i diritti dei detenuti e il benessere degli agenti”.

La rappresentante legale dell’associazione L’Altro Diritto Sofia Ciuffoletti, in questa veste anche garante dei detenuti nella casa circondariale di massima sicurezza, spiega così il legame tra l’inchiesta - e le prime condanne - per le torture, e questo nuovo capitolo relativo alle intercettazioni ai danni del direttore reggente. Nel 2020 a San Gimignano - i primi casi risalgono alla fine del 2018 - per la prima volta è stata riconosciuta esplicitamente la “tortura di Stato”. Ma ora, avverte Ciuffoletti, “sono una quindicina le case circondariali in cui si rischia di trovarci di fronte a situazioni simili”. Per questo “l’amministrazione penitenziaria dovrebbe fare tesoro di questa vicenda e capire che non si può lasciare ingovernate situazioni così esplosive”.

L’attività de L’Altro Diritto “non è ben accolta, per usare un eufemismo”, scherza Ciuffoletti, in ambienti come quello, chiusi, isolati, dal corpo di polizia penitenziaria. “Tutto è cambiato quando è arrivato il nuovo direttore, una persona estremamente in gamba e sensibile ai problemi”. È stato lui stesso a sollevare il caso. Anzi: “La cosa che appare più grave è proprio l’ipotesi che ci sia stata una minaccia nei confronti del direttore del carcere”, prosegue.

“Renna stava applicando una politica più che normale di ascolto dei detenuti e molto chiara sui diritti, e lo intercettavano per questo, arrivando a minacciarlo di rendere pubblico il contenuto delle conversazioni. É significativo che il direttore abbia mostrato di non essere assoggettato alla logica del “o con noi o con loro”.

Lo hanno fatto a partire dal 2021 “appena dopo la condanna dei 10 agenti con rito abbreviato”, cosa che ha creato “uno stato di agitazione in carcere, che è una delle situazioni di cui il Dap dovrà in futuro prendersi cura con misure per prevenire un clima di questo tipo: quando gli agenti si sentono sotto accusa e il giudizio si polarizza, con le posizioni alla Salvini da una parte, incondizionatamente dalla parte degli agenti, e quelle che invece li dipingono tutti come mostri torturatori, anche se non è così. La situazione va gestita ed è fondamentale tranquillizzare gli agenti non coinvolti nell’inchiesta”.

È stato da poco nominato un nuovo capo dipartimento a Roma: Carlo Renoldi. “Magari potrà pensare strategie per affrontare situazioni come questa. Altrimenti continueranno a verificarsi casi di illegalità”. Perché “il problema a San Gimignano è la necessità di riprendere in mano la gestione del personale e lavorare affinché istanze dei detenuti e tranquillità degli agenti vengano garantite insieme. Come Altro Diritto confermiamo supporto e collaborazione a questa direzione”.