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di Edoardo Semmola

Corriere Fiorentino, 16 aprile 2022

Due agenti sotto accusa: intercettati e minacciati il direttore e le educatrici. Un direttore di carcere intercettato abusivamente e minacciato mentre cercava di avviare un dialogo con i detenuti per superare il clima di tensione nell’istituto di San Gimignano dopo la vicenda delle torture in cella che nel febbraio 2021 ha portato alla condanna di dieci agenti.

È quanto emerge dall’inchiesta della Procura di Firenze che ha portato alla sospensione di un ispettore. Indagato l’ex comandante.

Nuova bufera sul carcere di San Gimignano. A distanza di tre anni dall’inchiesta che ha portato sul banco degli imputati quindici agenti di polizia penitenziaria accusati del pestaggio di un detenuto, sono finiti nel mirino l’ex comandante dell’istituto penitenziario e un ispettore (entrambi sono stati trasferiti, uno a Volterra, l’altro a Prato). Le indagini, condotte dai carabinieri e dalla polizia postale, coordinate dal procuratore aggiunto di Firenze Luca Tescaroli, hanno portato alla sospensione del servizio per nove mesi dell’ispettore che all’epoca dei fatti era un viceispettore. L’inchiesta avrebbe rivelato una vera e propria attività di spionaggio all’interno del carcere messa in atto dai due della penitenziaria. Per questo il direttore del carcere Giuseppe Renna sarebbe stato intercettato abusivamente e minacciato mentre tentava di avviare un dialogo con i detenuti nel tentativo, come ha spiegato lui stesso agli inquirenti, di superare il “clima pesante” che si respirava nel penitenziario dopo l’inchiesta sulle torture. “Ritengo che quando le richieste dei detenuti vengono rigettate sia importante dare la motivazione - è la linea del direttore - e soprattutto non dire che l’aveva detto il direttore quando questo non corrispondeva al vero”.

A dare il via all’inchiesta è stato il magistrato di sorveglianza di Siena che in una nota riservata alla Procura comunicava di aver appreso che all’interno del carcere di San Gimignano sarebbero stati apposti dispositivi abusivi per registrare illecitamente i colloqui del personale, in particolar modo del direttore del carcere con alcuni detenuti. “Avevo avviato i colloqui - ha raccontato davanti agli inquirenti il direttore del carcere - perché il clima stava peggiorando”. Lui aveva anche allontanato gli ispettori responsabili di un reparto che erano collegati alla vecchia gestione (i dieci agenti condannati per complicità nel pestaggio di un detenuto) sostituendoli con due più giovani ma poco dopo anche loro si erano irrigiditi e i detenuti erano scontenti e si lamentavano di essere trattati male.

Sarebbe stato il comandante a riferire al direttore che i suoi colloqui erano stati intercettati, minacciando anche di renderli pubblici e di inviarli ad un’emittente televisiva. Durante una riunione nel marzo 2021 con le educatrici (le stesse che avevano denunciato le torture e che quindi erano oggetto di astio) il comandante disse: “State attenti che pioveranno denunce per tutti”. E rivolgendosi a Renna: “Lei è andato a sentire i detenuti di domenica in assenza dei coordinatori”. Poi l’ammissione: “Sì, c’abbiamo la registrazione. Lei è stato ascoltato, intercettato, queste conversazioni possono essere diffuse. Le registrazioni sono state ascoltate da tutti gli ispettori e sono tutti sul piano di guerra. Nella stanza c’è un computer che registra”. Gli accertamenti svolti non avrebbero permesso di stabilire chi sia stato a realizzare queste registrazioni, una cui copia è stata trovata in una chiavetta custodita nell’alloggio di servizio del commissario capo.

L’ispettore sospeso avrebbe intercettato abusivamente almeno 165 conversazioni, tra telefonate di detenuti (almeno nove tra il 24 dicembre 2020 e l’1 gennaio 2021) e discussioni in cella (almeno 156, tra 13 e il 16 novembre 2020). I file sono stati trovati nell’hard disk del suo pc, che è stato sequestrato. “Dieci poliziotti condannati ingiustamente”, la frase postata sullo stato whatsapp del suo telefono. A lui sarebbe da ricondurre l’attività di controllo e di spionaggio, non solo nei riguardi dei detenuti ma, viene ipotizzato, anche delle educatrici e dei colleghi di lavoro. I reati ipotizzati a vario titolo nell’inchiesta sono quelli di abuso d’ufficio, violenza privata, accesso abusivo a sistema informatico, violazione di sigilli, intercettazione o interruzione illecita di comunicazioni informatiche o telematiche.

“Il vice ispettore - si legge nell’ordinanza firmata dal gip Agnese Di Girolamo - pienamente solidale e assolutorio con i colleghi ritenuti responsabili dei gravi fatti di tortura commessi all’interno del carcere di San Gimignano, è stato spregiudicato nel violare i sigilli apposti alla sua casella di posta elettronica mostrando indifferenza per le indagini in corso e in spregio degli ordini dell’Autorità. Viene descritto come contrario a qualsiasi attività di recupero dei detenuti, che per lui devono soffrire e basta”. Tutte circostanze, che denotano, secondo il giudice, “un atteggiamento fortemente corporativo e una personalità oppositiva e un agire spregiudicato nel violare le libertà altrui e una incapacità di rispettare i diversi ruoli e competenze all’interno della struttura carceraria. È attuale il pericolo che il vice ispettore, se non limitato, possa commettere reati della stessa indole”. Il fatto che sia stato trasferito in un’altra struttura carceraria con mansioni diverse, “non è rassicurante”.