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di Claudio Coli

radiosienatv.it, 16 dicembre 2022

Lunga requisitoria e dure richieste di condanna per i 5 agenti accusati di presunta tortura, lesioni, minaccia e falso in relazione al pestaggio di un detenuto. Il pm Valentina Magnini ha chiesto a vario titolo pene dai 6 anni e 6 mesi fino agli 8 anni e 4 mesi per i 5 operatori di Polizia Penitenziaria a processo per il caso del carcere di Ranza, quando l’11 ottobre 2018, un detenuto di nazionalità tunisina avrebbe subito un presunto pestaggio nel corso di un trasferimento di cella, da parte di un gruppo di agenti della Polizia Penitenziaria. Le accuse mosse sono di lesioni aggravate, falso ideologico, minaccia e tortura, contestazione questa al tempo per la prima volta promossa contro appartenenti alle forze dell’ordine.

Le istanze del pubblico ministero sono arrivate al termine di una lunghissima e dura requisitoria di oltre 5 ore, nel corso della quale il pm ha ricostruito la genesi e lo sviluppo dell’inchiesta, riportando alcune intercettazioni e facendo visionare e analizzare anche il filmato della videosorveglianza interna alla casa di reclusione valdelsana che riprende la scena del presunto pestaggio. Per il pm non c’erano i presupposti e situazioni emergenziali tali da giustificare l’intervento di 15 operatori per condurre il detenuto da una cella all’altra, recluso che per l’accusa non opponeva resistenza e non era pericoloso come affermato dagli imputati.

“Gli agenti volevano dare un segnale, hanno scelto il più debole - ha detto il pm - ha subito un trattamento disumano: calci, pugni, è stato lasciato sporco e senza assistenza medica. Una aggressione totalmente ingiustificata. Qualcuno gli sfila i pantaloni, dove è il rispetto della dignità?”. Per la pm Magnini gli accusati avrebbero utilizzato “un metodo intimidatorio sulle persone che hanno fatto uscire le notizie dal microcosmo del carcere” ravvisando anche una certa “omertà” e uno spirito da “apparato”.