di Giulia Mietta
Corriere della Sera, 23 novembre 2023
Era già stato picchiato selvaggiamente da un compagno di cella un mese fa nel carcere di Marassi, a Genova. Per questo Alberto Scagni, condannato a 24 anni e 6 mesi di carcere per avere ucciso la sorella Alice, era stato trasferito nel penitenziario di Valle Armea, a Sanremo. Qui, questa notte, il 42enne genovese è stato nuovamente pestato a sangue. Di più. “Torturato”, si legge in una nota dei sindacati di polizia penitenziaria Sappe e Uilpa. Secondo quanto riportato due detenuti di nazionalità marocchina lo hanno tenuto in ostaggio.
“Torturandolo per ore, fino quasi a ucciderlo”, afferma Vincenzo Tristaino, segretario del Sappe per la Liguria. Mentre un quarto detenuto, italiano, veniva minacciato e chiuso in bagno per non intervenire. Tutto è avvenuto nel reparto dove sono ospitati i detenuti cosiddetti protetti. Scagni è stato ricoverato con ferite da arma da taglio e contusioni su tutto il corpo. I sindacati dicono che “gli artefici del sequestro di persona e delle lesioni gravi, erano alterati dall’abuso di farmaci e alcolici preparati artigianalmente in cella macerando la frutta”.
I due marocchini hanno anche distrutto la cella. Anche Fabio Pagani, segretario regionale della Uilpa conferma l’aggressione, parlando di “brutale omicidio sventato”. A evitare un possibile omicidio l’intervento degli agenti, coordinati dal vicecomandante sul posto, che hanno dovuto utilizzare caschi e scudi per farsi strada tra la ressa scoppiata. A ottobre, nel carcere di Marassi, Scagni era stato picchiato dal compagno di Cella. Si trattava di un detenuto di origini romene. L’uomo aveva preso Scagni a pugni procurandogli varie lesioni. Secondo quanto emerso, aveva letto su un articolo di giornale che era in prigione per avere ucciso la sorella e questo era stato il motivo che lo aveva portato ad aggredirlo. I fatti di questa notte sembrerebbero più legati a un raptus dovuto all’abuso di sostanze e alcool, ma non è escluso che i due marocchini sapessero il motivo di detenzione di Alberto Scagni.