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di Francesco De Felice

Il Dubbio, 22 luglio 2023

Fakhri Marouane non potrà più testimoniare al processo per le violenze nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, in provincia di Caserta, del 6 aprile 2020. È morto al Policlinico di Bari dove era ricoverato dal 27 maggio scorso per le ustioni riportate nel carcere di Pescara. Dopo quasi due mesi di agonia alla prossima udienza prevista per l’11 settembre Fakhri Marouane, 30enne marocchino, non ci sarà. Era parte civile nel procedimento penale avviato, nel novembre scorso, per accertare le responsabilità sugli episodi denunciati nel carcere sammaritano.

Il processo vede imputate 105 persone tra agenti polizia penitenziaria, vertici del Dap e medici dell’Asl campana. Marouane avrebbe dovuto testimoniare, anche perché dai video delle violenze, dalle indagini e dalle prime fasi del processo (partito a novembre 2022), è emerso che fosse stato tra i detenuti maggiormente coinvolti nei pestaggi presi di mira” dagli agenti penitenziari responsabili dei pestaggi. Dai video, mostrati nelle scorse udienze, si vede che fu costretto a muoversi sulle ginocchia a piccoli passettini per raggiungere il suo posto nell’area socialità del carcere; rimasto solo dopo che gli altri detenuti erano stati portati via, fu colpito con il manganello in testa, quindi fatto alzare e inginocchiare nuovamente ad altezza di un agente, e alla fine riportato in cella tra i poliziotti che continuavano a pestarlo.

Dopo la drammatica esperienza di Santa Maria Capua Vetere Fakhri Marouane era stato trasferito a Pescara, dove aveva iniziato un percorso di rieducazione, diplomandosi e ottenendo la semilibertà. Poi l’inizio del processo per le mattanza nel carcere sammaritano, probabilmente ha fatto riaffiorare nella sua mente quei momenti di terrore.

Ricordiamo che per 12 agenti è contestato il reato di cooperazione in omicidio colposo relativo alla morte del detenuto algerino Lakimi Hamine, morto il 4 maggio 2020 dopo essere stato tenuto per giorni in isolamento. Proprio per quest’ultimo caso inizialmente la Procura aveva scelto di contestare il reato di “morte come conseguenza di altro reato”, bocciato dal Gip Sergio Enea che la classificò come suicidio. La decisione del Gip è stata però impugnata dalla Procura che ha provveduto a integrare il quadro accusatorio. Per gli agenti e funzionari le accuse sono a vario titolo di tortura, lesioni, reati di falso.

Sul tentativo di suicidio di Fakhri Marouane del 27 maggio scorso che lo ha portato alla morte il fratello ha presentato una denuncia per fare chiarezza sull’episodio. Secondo una ricostruzione fornita da alcuni agenti sindacalisti, operativi al San Donato di Pescara, il “detenuto, 40 anni originario del Marocco, si sarebbe dato fuoco. Sembrerebbe che alla base dell’insano gesto del detenuto, con una pena definitiva da scontare ed ammesso al lavoro all’esterno, vi sia stata la contestazione per un rapporto disciplinare avuto qualche giorno prima.

Il detenuto ha quindi chiesto più volte di parlare con il comandante e, nel momento in cui questi si recava presso il reparto semiliberi, il detenuto si è dato fuoco. Tempestivamente è stato allertato il 118 che lo ha trasportato all’ospedale civile di Pescara - ma le condizioni del recluso - sono apparse subito gravi - per questo Marouane è stato - trasportato con l’elicottero per il ricovero presso la struttura grandi ustionati dell’ospedale di Bari”. L’episodio di quel giorno è descritto in una nota, del 27 maggio scorso, diramata dal Sindacato autonomo della polizia penitenziaria.

La morte di Fakhri Marouane fa salire a 40 il triste conteggio dei suicidi in carcere e a 83 le morti dall’inizio dell’anno. “Il suo suicidio è - dichiara Patrizio Gonnella, presidente di Antigone - l’ennesimo fatto tragico che interessa le carceri italiane e prosegue nella scia di quello registrato nel 2022, quando furono 85 le persone a togliersi la vita in un istituto di pena. Ancora una volta l’arrivo dell’estate sta facendo registrare un aumento di questi episodi.

Dall’inizio di giugno se ne contano già 11. L’anno scorso, solo il mese di agosto furono 16. Per questo c’è bisogno di provvedimenti immediati e urgenti: riempire la vita nelle carceri di attività anche in questi mesi, garantendo l’accesso di volontari; dare alle persone detenute la possibilità di effettuare telefonate e videochiamate ogni giorno con i propri cari; contro il caldo garantire la presenza di ventilatori e frigoriferi nelle celle. Il grande numero dei suicidi registrato lo scorso anno aveva acceso l’attenzione sul mondo delle carceri, c’è bisogno di tornare a parlarne e garantire che, questa volta, le buone intenzioni si trasformino in atti concreti”, conclude il presidente di Antigone.