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di Alessio Scandurra*

L’Unità, 14 settembre 2023

È il dato spaventoso del 2023. Nel 2022 i suicidi in carcere hanno raggiunto la cifra record di 84. Nordio l’aveva definita “una priorità”. In un anno e mezzo Dap e ministero non hanno intrapreso azioni concrete, nessun impegno, neppure una promessa. Trentacinque anni il primo, 21 il secondo. Questa l’età delle ultime due persone che si sono tolte la vita in carcere. L’ultimo suicidio in ordine di tempo è avvenuto a Milano San Vittore lunedì scorso. Per quanto se ne sa D. aveva grossi problemi di tossicodipendenza, veniva da una lunga serie di episodi di autolesionismo, manifestazioni di una pregressa condizione di disagio psichico. Si è impiccato con te maniche della felpa al proprio letto.

Il ventunenne si è invece tolto la vita a Regina Coeli, a Roma, il giorno prima. Non aveva un lavoro e viveva per strada. Era stato arrestato per furto a luglio e, portato in carcere, gli era stata diagnosticata la scabbia e, per questo, era stato posto in isolamento sanitario. Qui si è impiccato con le lenzuola de] letto. Due storie diverse ma che racchiudono il senso di quello che in carcere rappresenta un’emergenza sempre più grave. Sono infatti ormai 51 le persone che si sono suicidate in carcere nel 2023. Sono state 84 nel 2022, mai così tante. Ogni suicidio è un fatto a sé, ma se si guarda alle biografie di chi compie questo gesto estremo si può spesso ritrovare un comune filo conduttore fatto di abbandono e di esclusione.

Chi vive ai margini, senza vie d’uscita e senza direzione, spesso prima o poi in carcere ci finisce, e non sempre ne esce vivo. Alcune considerazioni sembrano doverose. La prima è che, se i suicidi possono essere un indicatore del livello di sofferenza che si registra tra la popolazione detenuta, non sono certo l’unico. Durante le 46 visite svolte nel 2023 dall’Osservatorio sulle condizioni di detenzione di Antigone, abbiamo registrato una media di 15 atti di autolesionismo ogni 100 detenuti e 1,7 tentati suicidi sempre ogni 100 detenuti.

Si tratta di numeri spaventosi, che danno la misura anche di quanti tentativi di suicidio vengono per fortuna sventati ogni giorno dall’intervento del personale degli istituti. E sempre nel corso del 2023 abbiamo trovato che in ben 3 istituti (il 6,4% di quelli visitati) non era ancora stato adottato un Protocollo per la prevenzione del rischio suicidario, cosi come richiesto sia dall’OMS e dallo stesso Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. La seconda cosa da osservare è che, sempre alla luce della nostra esperienza diretta, durante le visite fatte nel 2023, non abbiamo avuto percezione di nuove iniziative volte alla prevenzione dei suicidi.

E d’altronde, anche se si guarda ai comunicati del Ministero della giustizia dell’ultimo anno e mezzo, si scopre che di iniziative simili sostanzialmente non c’è traccia. Ad agosto del 2022 il DAP si è limitato a varare delle “linee guida” per un “intervento continuo” attraverso il quale “il Dipartimento, i Provveditorati regionali e gli Istituti penitenziari siano tutti coinvolti, in una prospettiva di rete, per la prevenzione delle condotte suicidarie delle persone detenute”.

Indicazioni non vincolanti che non devono necessariamente tradursi in iniziative concrete. Mentre il neo Ministro Carlo Nordio, ad ottobre del 2022, dichiarava che i suicidi sono “una drammatica emergenza, una dolorosa sconfitta per ciascuno di noi e la conferma della necessità di occuparci da vicino del inondo penitenziario”. Mondo che, assicurava Nordio senza però assumere impegni precisi, “per me è una priorità assoluta”. In poche parole, in un anno e mezzo il Ministero della giustizia ed il DAP sul tema in concreto non hanno fatto, e a dire il vero non hanno nemmeno promesso di fare, sostanzialmente nulla.

I suicidi in carcere non sono dunque un’emergenza. Lo sono i rave party, lo sono i giovani che portano in piazza le proteste ambientaliste, e ovviamente lo sono le baby gang, che paiono diventate le vere protagonista delle attività criminali in un Paese che noi erroneamente pensavamo essere in mano alle mafie e alla corruzione. E contro queste emergenze fioccano i decreti e le sanzioni. A questo punto non resta che ricordare a chi di competenza, con rabbia, tristezza ed un po’ di imbarazzo, che ogni vita conta, anche quando si parla di carcere.

*Associazione Antigone