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di Andrea Aversa

L’Unità, 15 febbraio 2024

Irene Testa: “Quanti sono i detenuti vittime di questa dinamica?”. Le parole della Tesoriera del Partito Radicale e Garante dei diritti dei detenuti della Regione Sardegna: “Per legge a meno di particolari condizioni, non si può essere reclusi oltre i 200km di distanza dal territorio di appartenenza. Cocco, in condizioni difficili di salute, è stato improvvisamente trasferito - nel giro di poco più di due settimane - dalla Sardegna in Sicilia, in regime di alta sicurezza, e poi rimandato in Sardegna. Perché?”.

Tommaso Cocco, rimario di Terapia del dolore dell’ospedale Binaghi di Cagliari, è stato arrestato lo scorso settembre insieme ad altre 31 persone in seguito a un’indagine della Direzione Distrettuale Antimafia. L’inchiesta, nota come ‘Monte Nuovo’, avrebbe avuto l’obiettivo di scardinare un’associazione a delinquere di stampo mafioso basata sugli intrecci tra criminalità e politica in Sardegna. Il medico è al momento accusato di associazione semplice, sono decadute le accuse associazione a delinquere di stampo mafioso e associazione segreta. Tuttavia, ciò che è davvero curioso in tutta questa vicenda, non riguarda l’aspetto giudiziario (che vedrà confermare o smentire in sede di processo l’impianto accusatorio della Procura), ma quello detentivo.

Chi è Tommaso Cocco - Veniamo ai fatti. Cocco, al momento in custodia cautelare e in attesa di giudizio - quindi innocente - è stato improvvisamente trasferito presso il carcere siciliano Pagliarelli di Palermo. Il trasferimento è avvenuto dalla sera alla mattina, senza che gli avvocati e i familiari del detenuto fossero informati. Nonostante fosse decaduta, a carico di Cocco, l’accusa di associazione di stampo mafioso, il medico originario della provincia di Sassari, è stato detenuto in un regime di alta sorveglianza. Quindi isolato, nonostante le sue condizioni di salute non fossero ottimali.

Perché Tommaso Cocco è stato trasferito - Dopo poco più di due settimane, Cocco è stato trasferito di nuovo in Sardegna. Ad oggi i giudici hanno accolto l’istanza degli avvocati difensori e accordato gli arresti domiciliari a Tula, piccolo comune del Sassarese. Allora la domanda è lecita? Perché Cocco è stato trasferito? Qual è stata la logica che ha mosso le autorità? Una domanda che sta continuando a porsi Irene Testa, Garante per i diritti de detenuti della Regione Sardegna e Tesoriere del Partito Radicale che a l’Unità ha detto: “In Sardegna ci sono strutture idonee per l’alta sicurezza. Perché per Cocco non è stato rispettato il principio di territorialità della pena?”.

Principio di territorialità della pena: di cosa parliamo - Tale norma prevede che un detenuto, al netto di specifiche esigenze motivate da sicurezze e pericolosità (ad esempio, i condannati al 41bis perché legati alla criminalità organizzata), non deve essere allontanato oltre i 200km dalla propria residenza. Un dispositivo di civiltà che in armonia con l’articolo 27 della Costituzione, serve a garantire al detenuto la vicinanza con la famiglia e la possibilità di reinserirsi socialmente sul territorio di appartenenza. Il principio decade quando è necessario che il recluso non abbia più legami con la propria città, la propria regione. Ma anche qui vi è un paradosso: se una persona è ridotta al regime del 41bis, come può comunicare con l’esterno?

La battaglia di Irene Testa - Quindi, vi è il dubbio, che la condanna del detenuto è inflitta anche ai suoi parenti costretti a subire viaggi e relative spese per un semplice colloquio. Ma torniamo alla vicenda-Cocco.

Testa ha spiegato che la storia è stata portata in attenzione al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) e al Garante Nazionale per i diritti dei detenuti. Ma ancora mancano le risposte. “In Sardegna - ha affermato Testa - sono circa 1000 i detenuti che potrebbero usufruire del principio di territorialità della pena.

Mille persone fuori regione, forse in violazione del diritto costituzionale. Ad Alghero ci sono dieci detenuti provenienti da altre regioni che avevano chiesto il trasferimento in Sardegna per poter lavorare nelle colonie agricole. Ad oggi non solo non stanno lavorando ma sono da mesi detenuti lontani da casa”.