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Ristretti Orizzonti, 21 dicembre 2023

Non sono necessarie altre Rems (Residenze Esecuzione Misure Sicurezza) in Sardegna e neppure altre strutture chiuse. Sono invece indispensabili servizi territoriali di salute mentale efficienti già previsti dalla legge Basaglia. Ma è indispensabile eliminare le pratiche psichiatriche coercitive lesive dei diritti, ancora troppo utilizzate nei Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura. Il percorso di emancipazione delle persone con disturbi mentali può e deve avvenire all’interno di luoghi della normalità della vita. Le Rems, una ogni 100mila abitanti, hanno dato risposte a due aspetti importanti: la territorialità e la temporalità degli interventi terapeutici.

 Sono state alcune delle problematiche emerse nel corso dell’incontro-dibattito “Salute mentale e sicurezza”, svoltosi in città, nell’ambito degli appuntamenti de “Il Martedì di SDR”. Ospiti dell’iniziativa, nella saletta di via Machiavelli 120/A, Gisella Trincas, presidente dell’ASARP (Associazione Sarda per la Riforma Psichiatrica), Riccardo Curreli, psichiatra, Direttore Sanitario REMS di Capoterra, intervenuto a titolo personale, e Rina Salis, psicologa, vice presidente di SDR.

A introdurre l’appuntamento, coordinato da Maria Grazia Caligaris, socia fondatrice di SDR, è stata Rina Salis che ha illustrato il percorso attraverso cui, dagli studi del sociologo Erving Goffman, e dal concetto dell’istituzioni totali, si è pervenuti ai concetti elaborati da Franco Basaglia.

“Per far chiudere gli Ospedali Psichiatrici è stato necessario “ha sottolineato Gisella Trincas “l’impegno dei familiari. Davanti a situazioni difficili e gravi che le famiglie dovevano affrontare da sole, non esistendo servizi territoriali, i ricoveri avvenivano negli OP. Negli anni Settanta tuttavia alcuni familiari cominciano a chiedersi come superare i Manicomi e per l’ASARP tutte le Istituzioni totali. La chiusura degli OP però non ha cancellato le pratiche coercitive. Quando è stata approvata la 180 i territori erano poveri di servizi ed esistevano quasi solo gli SPDC. Rimaneva però aperti gli OPG. Nel 2010 con la Commissione d’Inchiesta presieduta da Ignazio Marino i familiari hanno chiesto un’audizione per la salute mentale e finalmente i Senatori con le telecamere sono entrati negli OPG, rivelando la realtà. Da lì è nata l’idea delle REMS, ma la presa in carica rimane “ha concluso “in capo al Dipartimento di Salute Mentale, ma le risorse professionali sono purtroppo insufficienti”.

“Non c’è una vera rivoluzione “gentile” “ha affermato Riccardo Curreli “che non abbia contraddizioni. Le REMS sono esclusivamente sanitarie e non c’è presenza di appartenenti alle forze dell’ordine. È evidente che il percorso dei cittadini di avvicinamento ai principi costituzionali è molto lento, ma procede. Nel 2005, attraverso un censimento, si è scoperto che le Regioni inviavano agli OPG 22 persone per milione all’anno. La Sardegna invece ne inviava 44. Quindi c’erano 66 persone sarde rinchiuse negli OPG in qualunque regione. Un primo passo importante è stata l’unificazione dei trasferimenti dei pazienti-detenuti in un solo OPG a Montelupo Fiorentino per cinque regioni: Sardegna, Liguria, Toscana e Umbria. Un ulteriore significativo è stato il passaggio della sanità penitenziaria dal ministero della Giustizia a quello della Sanità. La normativa che ha istituito le REMS, non è perfetta ma ha fatto chiarezza su due questioni importanti: la territorialità e il tempo di permanenza. La Rems sarda è in un centro non distante dal capoluogo e dai servizi e non registra liste d’attesa. Tre persone nel 2023, incapaci di intendere e di volere, sono state assorbite. Insomma occorre rivalutare le affermazioni secondo le quali nelle carceri isolane ci sono 700/800 detenuti con malattia mentale per aprire altre Rems”.