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sardegnareporter.it, 10 novembre 2023

“Neanche i nuovi direttori accettano di venire a lavorare in Sardegna. Ricevuto l’incarico uno ha subito rinunciato, un altro si è dimesso e un terzo ha chiesto aspettativa. Così restano scoperti Isili, Tempio e Alghero in aggiunta a Sassari, Nuoro e perfino Cagliari. Insomma poco o niente cambia ammesso che non ci siano altre defezioni. Una umiliazione per l’intero sistema penitenziario sardo soprattutto dopo che Patrizia Incollu e Peppino Fois hanno lasciato sulla strada la loro vita per onorare il lavoro”. Lo sostiene Maria Grazia Caligaris dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme ODV” facendo notare che “nessun’altra regione italiana ha subito questo trattamento né prima né adesso”.

“Non si può inoltre trascurare che a fronte di tante esigenze - sottolinea - è scoperto perfino il primo e più importante Ufficio del PRAP, quello del Vice Provveditore, mentre il titolare Antonio Mario Galati, che arriva dalla Calabria, dovrà faticare non poco a tenere le fila della situazione. Il perdurare del grave disagio organizzativo si ripercuote pesantemente su chi lavora quotidianamente negli Istituti, agenti penitenziaria e personale amministrativo, trattamentale e sui detenuti e i loro familiari che si ritrovano ancora una volta senza una direzione stabile in grado di offrire risposte”.

“I Parlamentari sardi - afferma ancora la referente carceri di SDR - non possono ignorare questa situazione e devono intervenire con forza rivendicando i diritti di chi opera nelle strutture detentive isolane ricordando al Ministro della Giustizia e al Capo del Dipartimento che l’isola ha retto una condizione invivibile negli ultimi 10 anni ma non può più accettare di essere lo zimbello d’Italia”. “I concorsi, così come avviene per l’assegnazione delle cattedre scolastiche, non possono essere nazionali ma regionali, a maggior ragione in un’isola. Ciò anche perché si potrebbe evitare che chi partecipa abbia consapevolezza piena del territorio e del ruolo che va ad assumere. Non è lodevole aderire a un bando, partecipare a corsi di formazione pagati dallo Stato e poi, dopo tre anni, rinunciare a un posto di lavoro utilizzando il titolo acquisito per altre carriere o finalità. Insomma, ammesso che nessun altro rinunci all’incarico o chieda aspettativa - conclude Caligaris - le carceri della Sardegna continuano a gravare su pochi seri professionisti”.