sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

Ristretti Orizzonti, 20 agosto 2023

Lavori persone ristrette pochi e spesso mal retribuiti. minoranza irrisoria accede a impieghi qualificati. “La proposta del Sottosegretario alla Giustizia Andrea Ostellari di istituire un “fondo per le vittime dei reati da alimentare con una parte degli stipendi” delle persone private della libertà denota la scarsa conoscenza della realtà detentiva.

In particolare in Sardegna dove su 2.070 detenuti svolgono attività lavorative remunerate in modo adeguato circa 500/600 persone. Le altre o non svolgono alcuna attività perché troppo anziane e/o con malattie invalidanti e/o perché sottoposte a farmaci psicotropi e/o a metadone oppure perché il lavoro viene assegnato a turno, per carenza di fondi. L’unica eccezione è rappresentata dalle Case di Reclusione all’aperto ma anche lì i numeri dei lavoratori sono pochi”.

Lo sostiene Maria Grazia Caligaris dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme ODV” facendo notare che nelle carceri, non a caso si parla ancora prevalentemente di mercedi, si tratta infatti di remunerazioni per attività maschili e femminili quali “scopina/o”, “portavitto”, “spesina/o” e per chi effettua la rammendatura di federe e lenzuola. Lavorare nelle cucine è invece l’attività più ambita e meglio remunerata ma non si tratta di stipendi fa chef stellati. Senza dimenticare che le mercedi servono a far campare le famiglie fuori dagli Istituti”.

“Il Sottosegretario Ostellari ha il merito - osserva Caligaris - di avere posto il dito nella piaga. Il lavoro infatti è quello che può fare la differenza e che può offrire occasioni di riscatto e reinserimento sociale abbattendo la recidiva, ma ritenere che si possa procedere con i prelievi a prescindere dalla tipologia di attività non è proponibile. Basti ricordare che le persone detenute pagano il mantenimento di circa 120/130 euro al mese e chi non lavora dovrà, terminato il periodo detentivo risarcire lo Stato per avergli garantito i servizi durante la reclusione. Per quanto riguarda il cibo si tratta di quasi 4 euro pro die”.

“Il punto nodale del lavoro - ricorda l’esponente di SDR - ancora una volta è legato alle possibilità economico-aziendali nelle differenti aree del Paese. Ovviamente nel Centro-Nord le possibilità di accedere ad attività esterne al carcere sono maggiori per la presenza di un numero di medie e piccole aziende in grado di accogliere più persone. Anche realtà come il carcere di Bollate è un esempio virtuoso per l’elevato numero di attività e corsi professionali. In un’isola come la Sardegna il Ministero dovrebbe seriamente investire nelle Colonie Penali. Rendendole luoghi di lavoro qualificato per donne e uomini privati della libertà. Senza un investimento in questo ambito parlare di prelievo di stipendio per chi sconta una pena appare assurdo”.

“Benissimo invece aumentare il numero delle telefonate - conclude Caligaris - ma anche in questo caso negare una telefonata o una videochiamata alle bambine e bambini minori dei detenuti dell’Alta Sicurezza, con reato ostativo, non ci sembra rispettare quel principio di equità e considerazione per chi è innocente. A maggior ragione quando si tratta di figlie e figli in condizioni di salute precarie. Anche in questo caso lasciare la decisione a chi dirige l’Istituto sembrerebbe la scelta migliore per non ledere un diritto”.