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di Andrea Aversa

L’Unità, 14 agosto 2023

Abbiamo chiesto informazioni sia al Garante per i diritti dei detenuti della città di Sassari che della Regione Sardegna: non sono a conoscenza dei fatti. Abbiamo cercato invano di parlare al telefono con il Direttore del carcere. Abbiamo inviato una mail e due Pec all’istituto penitenziario. Il risultato? Nessuna risposta.

Abbiamo scritto delle presunte gravi condizioni di salute di Marco Di Lauro lo scorso 20 luglio. In merito abbiamo riportato le parole del suo avvocato, Gennaro Pecoraro. Successivamente abbiamo cercato di fare ulteriori verifiche. Le prime fonti alle quali ci siamo rivolti sono state quelle istituzionali: il Garante per i diritti dei detenuti e il Direttore del carcere di Sassari. In merito al primo, abbiamo parlato al telefono con quello regionale, Irene Testa, già tesoriera del Partito Radicale. Via mai, invece, abbiamo avuto una breve corrispondenza con quello della città di Sassari, Gianfranco Favini.

I garanti - Entrambi non avevano notizie relative al detenuto Marco Di Lauro. Potrebbe anche essere comprensibile, un garante agirebbe solo in seguito ad una specifica segnalazione. Evidentemente per Di Lauro non ce ne sono state. Così ci siamo rivolti all’amministrazione del penitenziario di Sassari. Dopo aver cercato invano di parlare telefonicamente con il Direttore Marco Porcu (almeno tre le telefonate fatte in altrettanti giorni diversi), ci abbiamo provato via mail: una quella inviata all’indirizzo del carcere, due le Pec inviate alle caselle di posta certificata del penitenziario. Una di queste esclusivamente dedicata ai detenuti reclusi al 41 bis.

Il silenzio dal carcere - Ma anche in questo caso non abbiamo avuto risposta. Le telefonate sono state fatte tra il 21 e il 24 luglio. La mail e le Pec sono state inviate lo scorso 25 luglio. Con i garanti abbiamo comunicato il 21 luglio, sia con quello regionale che con quello cittadino. Entrambi hanno risposto lo stesso giorno, la prima al telefono e il secondo via mail. Insomma, la giustizia e i penitenziari continuano a vivere nel mutismo. Anche quando l’argomento riguarda il diritto alla salute di un detenuto. L’unica risposta che abbiamo ricevuto dalle istituzioni è stato un silenzio assordante. Eppure, proprio in questi giorni, si è tornato a parlare di carcere. O meglio dei suicidi che continuano a verificarsi senza sosta tra le mura di quelle celle.