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di Massimiliano Smeriglio e Pietro Bartolo*

Il Manifesto, 14 luglio 2023

Al Parlamento europeo c’è chi ha votato no. Per fare la pace servono diplomazie e negoziatori. Abbiamo votato ancora una volta no al Regolamento Asap sul sostegno alla produzione di munizioni perché continuiamo a pensare che sia sbagliato investire solo in armi e arsenali lasciati peraltro nelle mani dei singoli Stati nazionali senza far fare un passo in avanti alla politica e alla difesa comune europea. Armi costruite con i soldi del Pnrr togliendo risorse a servizi sociali e opere pubbliche. Il gruppo socialista ha fatto un gran lavoro per far togliere i fondi di coesione da questo atto. Un fatto positivo ma non basta a cambiare di segno a un regolamento sbagliato.

Anche perché permangono, nel testo, richiami al fondo sociale europeo (quello con cui le regioni pagano le attività sociali e il diritto allo studio) e il fesr (quello con cui finanziamo le attività produttive). Non servono arsenali nazionali, serve più Europa e serve una Europa che sappia declinare il sostegno all’Ucraina facendo avanzare l’agenda di pace e la via del negoziato diplomatico. Evitando di lasciare da soli Papa Francesco e il cardinale Zuppi nella ricerca di uno spazio negoziale. Perché la pace non è solo una opzione etica è anche e soprattutto una scelta politica. Questa Europa non c’è, assiste silente alla escalation militare dettata dalla violenza dell’esercito russo e dalla risposta che viene dal vertice Nato di Vilnius così come dal protagonismo bellico di ogni singolo Stato europeo pronto a fornire tecnologie militari sempre più offensive e sofisticate. A cominciare da Francia e Germania.

La guerra fa un salto di qualità sotto i nostri occhi, nella distrazione generalizzata della classe politica che appare impossibilitata ad assumere con determinazione la parola d’ordine “fermatevi prima che sia troppo tardi”. Balliamo su arsenali nucleari che potrebbero andare fuori controllo e osserviamo muti come se questo scenario non riguardasse la vita di milioni di persone, come se la guerra fosse solo un tema di posizionamento tattico nel circo della comunicazione politica.

L’agenda di guerra inoltre determina un clima sempre più spostato a destra che vede la saldatura tra Conservatori, Popolari e destre estreme. Con la sinistra europea nell’angolo incapace di declinare con forza un altro punto di vista, un altro modo di stare sullo scenario bellico. La guerra uccide, ferisce, devasta, distrugge città, inquina, determina distratti ambientali, lacera comunità e aumenta le violenze di genere. Non è umanamente, socialmente e ambientalmente sostenibile.

Crediamo sia necessario continuare a testimoniare una posizione netta, senza balbettìi nel nominare le responsabilità russe, ma con un orizzonte più ambizioso: per fare la pace non servono armi ma diplomazie e negoziatori. Questo dovrebbe essere il ruolo principale di una Europa, nata dalle ceneri della tragedia della seconda guerra mondiale, all’altezza della crisi che stiamo vivendo.

*Europarlamentari di S&D