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di Piero Sansonetti

L’Unità, 20 agosto 2023

Un gruppo di circa 320 magistrali in pensione ha scritto una lettera al ministro Nordici per chiedete che sia bloccata la rinforma della giustizia Gli ex magistrati pretendono che dalla riforma sia espunta la proposta di legge costituzionale sulla separazione delle carriere dei magistrati, cioè quel provvedimento, garantiste, che renderebbe finalmente operante l’articolo 111 della Costituzione restituendo ai cittadini il pieno diritto alla difesa, che oggi è sospeso.

L’articolo 111 prevede che le sentenze siano decise da un giudice “terzo e imparziale”. Il terzo vuol dire distinto sia dalla difesa sia dall’accusa. Chiaro che se invece è un collega o della difesa o della accusa non è terzo. Può essere anche imparziale ma terzo non è. Tra i trecentoventi magistrati ci sono i nomi più celebri dei Pm che negli ultimi anni hanno tenuto le prime pagine dei giornali e i primi piani in Tv.

I vecchi magistrati del Pool di Milano, Davigo e Colombo, l’ex Procuratore di Milano Greco, e poi Caselli, Petralia, Spaiato e persino l’ex procuratore generale della cassazione Giovanni Salvi. Intervengono a gamba tesa sull’attività legislativa. È loro diritto? In quanto ex magistrati, e dunque privati cittadini, è loro diritto. Pero chiunque abbia una certa dimestichezza con la politica capisce che questa lettera è l’atto formale di fondazione di un partito vero e proprio che si pone l’obiettivo di imporre e guidare la politica della giustizia e la definizione dei limiti dello Stato di diritto.

Questo partito esiste da tempo, e ha il suo centro propulsore nell’Anm (l’associazione nazionale dei magistrati, struttura sindacale, anticostituzionale ma sopportata dalle istituzioni, che da anni svolge un ruolo politico molto attivo) ma non si era mai dichiarato e presentato al pubblico in forma così solenne. I firmatari della lettera, almeno i più famosi, sono quasi tutti Pm, perché - questo è noto - sono i Pm, e non i giudici, la spina dorsale del partito dei magistrati. Così come è noto che questo partito, che oggi esce allo scoperto, dispone di molti strumenti politici dal momento che controlla quasi tutta l’informazione giudiziaria e la direzione di molti giornali (a partire dal Fatto Quotidiano che ne è l’organo ufficioso) e una parte consistente del Parlamento, istituzione nella quale dispone anche di un vero e proprio gruppo parlamentare, cioè i 5 Stelle, e di pezzi consistenti dì diversi altri gruppi.

Il nuovo partito, guidato dai Pm in pensione, nella sua lettera, contesta l’ipotesi della separazione delle carriere tra Pm e giudici con questi quattro argomenti. 1) Si perderebbe la cultura comune della magistratura, e cioè l’amore per l’accertamento della verità 2) L’Italia perderebbe una sua peculiarità assoluta 3) la separazione delle carriere intaccherebbe l’autonomia dell’ordine giudiziario; 4) la separazione dei Csm provocherebbe danni, inasprendo il ruolo del Pm: perché oggi il Pm non è giudicato per il numero di condanne che ha ottenuto.

Vediamo bene questi quattro punti. Sull’amore per la verità c’è molto da discutere. Il 40 per cento delle persone messe sotto processo dai Pm, e trascinate per anni nel fango delle inchieste, risulta innocente. Così come risulta innocente circa un quarto delle persone messe in custodia cautelare, spesso per molti mesi (qualcuno anche per anni). Ci sarà pure amore per la verità, ma allora le cifre dicono che c’è poca professionalità Sulla peculiarità, non c’è molto da discutere.

“Peculiarità italiana” vuol dire semplicemente che nel mondo occidentale e democratico solo da noi non c’è la separazione. Non è una bella peculiarità. Così come non è bella la peculiarità determinata dal fatto che siamo l’unico paese senza salario minimo. È la stessa cosa: semplicemente siamo i peggiori. Terza questione. L’autonomia dell’ordine giudiziario non verrà in nessun modo messa in discussione. Giudici e Pm resterebbero autonomi. Anzi, più autonomi. Perché sarebbero indipendenti anche gli uni dagli altri. Ai Pm verrebbe a mancare quella consuetudine, o anche amicizia e complicità, soprattutto coi colleghi Gip, che conferisce loro un enorme potere nella fase delle indagini, e che spesso permette loro di incarcerare persone innocenti o di tenerle per anni a processo pur in assenza di prove.

Non perderebbe autonomia nessuno, perderebbero il loro strapotere i Pm. (I quali peraltro perdono autonomia e indipendenza, violando così la Costituzione, quando si costituiscono in correnti e poi in associazione politica; penso all’Anm. L’associazione politica viola la norma costituzionale che impone ai Pm di rispondete solo alla legge). Infine c’è l’obiezione dei Pm che non sono giudicati dal Csm sulla base delle condanne che hanno ottenuto.

Vero. Spesso Pm che hanno ottenuto pochissime condanne in rapporto agli avvisi di garanzia, o agli arresti, o anche ai rinvii a giudizio dei quali sono stati promotori, ottengono ottime promozioni. Ma questo non è un bene. È un modo per spostare la giustizia fuori dal processo. Io ti afferro e ti rovino. Se poi tra dieci anni ti assolvono, poco male, io la pena te l’ho già inflitta. Il partito dei Pm, con questa lettera, rende esplicita la sua idea politica.

Quella di costruire una forma di democrazia che abbia un pilastro centrale nella magistratura e un potere, quello giudiziario, sovraordinato rispetto agli altri, scassando così il vecchio stato liberale e la struttura. dello Stato di diritto. Per fare questo bisogna impedire che ai Pm sia tolto il potere politico, attraverso la separazione delle carriere. È legittima la loro opinione. Sarebbe interessante sapere se esiste ancora una componente trasversale della politica, saldamente democratica, in grado di opporsi e di far fallire questo disegno. Io non sono sicuro che esista.