di Paola Pottino
La Repubblica, 23 agosto 2024
Il 23enne è detenuto a Sciacca dove non c’è reparto di psichiatria. In quattro mesi ha perso quaranta chili. Una candela che si spegne un poco per volta. Così appare agli occhi di suo padre, un ragazzo di 23 anni, detenuto nel carcere di Sciacca, affetto dalla sindrome di Cushing e da una grave forma di psicosi ossessiva. “Mio figlio sta male - dice Nino Montalbano, 69 anni, pensionato - e ogni giorno minaccia di suicidarsi. Non ce la fa più e io e mia moglie ci sentiamo impotenti perché non riusciamo ad alleviare la sua sofferenza”.
Il ragazzo, che da cinque mesi si trova recluso in carcere in attesa di processo, ex sportivo, fino a poco tempo fa pesava 110 chili, oggi ne pesa 70. Le gambe e le braccia sono diventate sempre più sottili, soffre di osteoporosi e di ipertensione, ha il corpo cosparso di acne e avrebbe bisogno, così come hanno raccomandato i medici, di una dieta iperproteica che in carcere non può essere somministrata. “Quando, un mese fa, sono andato a trovare il giovane al Pagliarelli di Palermo - racconta Pino Apprendi, garante dei detenuti della città, che in questi giorni ha aderito alla campagna sullo sciopero della fame a staffetta per chiedere una amnistia svuota carceri - ho trovato un ragazzo dismesso e senza forze che, alle mie domande, rispondeva a monosillabi, fortemente demotivato. Ho scritto immediatamente al direttore sanitario per informarmi sullo stato di salute del giovane, ma dopo un mese, non ho ancora ricevuto risposta. Ho saputo che poi è stato trasferito al carcere di Sciacca dove non esiste un reparto di psichiatria”.
Il ventitreenne ha già tentato il suicidio e la sua intenzione è quella riprovarci. Il malessere è forte: emicrania, dolori alle ossa e in tutto il corpo rendono la sua vita in cella devastante. “Mi ripete sempre di non farcela più - racconta Montalbano - e dice che soltanto con la morte riuscirebbe a raggiungere la tranquillità tanto agognata. Ma come fa un padre a restare indifferente a queste parole?”. I certificati medici parlano chiaro: “Paziente con malattia di Cushing che determina una alterazione delle capacità psichiche, con alternanza di fasi di eccitazione e di depressione”.
“In carcere gli danno gli psicofarmaci che però lui si rifiuta di prendere perché gli procurano sbalzi ormonali - continua il padre - Mio figlio ha bisogno di guarire dalla sindrome di Cushing perché questa malattia gli provoca la psicosi. Dovrebbe prendere gli integratori e seguire il piano terapeutico che gli era stato prescritto dai medici del Niguarda di Milano. Per le sue malattie gli è stata riconosciuta una pensione d’invalidità pari all’80%. Così combinato, dovrebbe stare ai domiciliari perché dovrebbe mangiare ogni tre ore, stare in un ambiente tranquillo e il carcere sicuramente non lo è. Si sta consumando come una candela, mi ha chiamato lunedì e mi ha detto, ancora una volta, che proverà ad ammazzarsi”. Quest’anno nelle carceri italiane ci sono stati 72 suicidi. Sessantacinque erano detenuti e 7 agenti penitenziari.