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di Dario Ferrara

Italia Oggi, 10 novembre 2023

È incostituzionale il divieto di prevalenza dell’attenuante per chi collabora con la giustizia. Così la Consulta. Sconto di pena dalla metà a due terzi per il narcotrafficante pentito nonostante la recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale. È incostituzionale il divieto di prevalenza dell’attenuante per chi collabora con la giustizia rispetto alla norma introdotta dalla legge 251/05. E ciò anche quando non si tratta di un piccolo pusher ma del membro di un’associazione criminale: “è di grande importanza” fin dagli anni 80 l’aiuto agli inquirenti che viene dall’interno dei clan, mentre risulta contraddittorio il divieto previsto dalla ex Cirielli per il potenziale collaboratore solo perché più volte condannato, circostanza piuttosto ricorrente nelle associazioni a delinquere. Così la Consulta, sentenza 201/2023, pubblicata ieri.

Rischio disparità - Accolta la questione di legittimità sollevata dal gup di Napoli in un procedimento per lo spaccio di hashish dentro il carcere di Secondigliano. I capi dell’organizzazione sono camorristi ma hanno collaborato contribuendo a far luce sul “sistema” con la corruzione degli agenti penitenziari. Ora rischierebbero una sanzione pari ai coimputati che non si sono pentiti, giudicati in procedimento separato, ai quali pure sono state applicate le attenuanti generiche perché il traffico di droga leggera è in quantità modesta; una condanna severa, considerando che per i capi la pena minima è vent’anni, pur se diminuita di un terzo per la scelta del rito abbreviato. E uno dei “corrieri” rischierebbe una condanna superiore a quella dei non dissociati anche se ha contribuito a far scoprire i fatti di corruzione che consentivano ai detenuti di stare nelle stesse celle e usare i cellulari.

Scelta politica - Le considerazioni espresse dalla Consulta nella sentenza 74/2016 sul singolo pusher valgono anche per l’associazione a delinquere finalizzata allo spaccio: l’incentivo alla collaborazione rappresentato dallo sconto di pena è una scelta di politica criminale e può ottenerlo chi si decide ad aiutare gli inquirenti anche per mero calcolo utilitaristico, senza resipiscenza; l’importante è che contribuisca ad assicurare elementi di prova del reato o a sottrarre ai clan le risorse per compiere altri delitti: la decisione costituisce comunque un distacco dell’autore del reato dall’ambiente criminale in cui operava, spesso lo costringe a cambiare vita e comunque espone lui e i familiari al rischio di ritorsioni.

Equivalenza insufficiente - La gravità del reato associativo, poi, costituisce una ragione in più per assicurare a chi esce allo scoperto l’incentivo promesso in via generale dalla legge; che non può essere assicurato dalla mera equivalenza dell’attenuante alla recidiva reiterata: la pena sarebbe comunque di poco al di sotto di quella prevista per l’omicidio volontario, scoraggiando ogni collaborazione.