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di Liana Milella

La Repubblica, 12 luglio 2023

Si riaccende la protesta dem contro il sottosegretario: “Inaccettabili e infamanti le parole contro di noi”. De Raho (M5S) attacca Meloni sull’uso di fonti anonime. Ci risiamo. Al Senato si materializza di nuovo lo scontro durissimo tra il Pd e il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro Delle Vedove. Prima in commissione Giustizia e poi in aula dove si vota il decreto imbrattatori. I Dem chiedono ripetutamente che Delmastro vada via perché, nella nota vicenda Cospito, li ha “offesi”. Il capogruppo in aula Francesco Boccia chiede espressamente che Delmastro si scusi con il Pd. E dice: “Se non lo farà, noi lasceremo l’aula e le commissioni”. E poi polemizza con i meloniani. “FdI deve dirci se sta difendendo un uomo, un indagato o la propria idea di come si vive nelle istituzioni. Sappiamo che è cambiata la natura del gruppo politico al quale appartiene il sottosegretario, un tempo di fronte a un reato così grave sarebbero stati intransigenti”. Ma in aula, Delmastro per evitare l’incidente, si limita a esprimere con un “conforme” il parere del governo rispetto a quello della commissione. E a quel punto il Pd resta in aula.

Ma lo stesso scontro era andato in onda nel pomeriggio in commissione Giustizia dove si stava discutendo della futura legge elettorale del Csm, il sorteggio proposto dal forzista Pierantonio Zanettin. Ma non appena Delmastro ha fatto il suo ingresso nella seduta il Pd ha abbandonato i lavori. Come dice la vice presidente del Senato Anna Rossomando “niente di nuovo sul fronte occidentale”. E aggiunge: “Avevamo chiesto al sottosegretario di ritrattare l’inaccettabile e infamante attacco che aveva rivolto al Pd, cosa che a tutt’oggi non è mai avvenuta. E quindi non cambia neppure il nostro atteggiamento”. Delmastro lascia cadere la protesta e dice: “Niente di nuovo sotto il sole”.

A lasciare l’aula sono, oltre Rossomando, anche il capogruppo Alfredo Bazoli e Walter Verini, componente della commissione Antimafia. componente della commissione Antimafia. Proprio da Verini arriva una reazione durissima: “Aspettiamo ancora le scuse da Delmastro. Disse che eravamo andati a fare l’inchino ai mafiosi. Una frase gravissima. Infamante. Una cosa del genere la disse anche un suo collega al Senato. Protestammo anche con lui, che il giorno dopo disse di non avere mai voluto accostare il Pd alle mafie. Per noi questa cosa finì lì. Al di là del pesante giudizio politico sui noti comportamenti del sottosegretario, che rimane anzi si è aggravato, quella frase è al di là del bene e del male”.

Ovviamente la reazione dei Dem è collegata a quanto è avvenuto sul piano giudiziario, perché dopo la richiesta di archiviazione della procura di Roma, che riconosceva Delmastro una sorta di inconsapevolezza del segreto sulle carte dei servizi segreti delle carceri, la nuova decisione della gip Emanuela Attura, nonché le polemiche che ne sono seguite, hanno ovviamente cambiato la situazione. C’è da tener conto che proprio il Guardasigilli Carlo Nordio sarebbe intenzionato ad inserire nel suo disegno di legge attualmente ancora alla firma del capo dello Stato, la norma che vieta proprio ai giudici per le indagini preliminari di contrapporsi al pubblico ministero in caso di sua richiesta di archiviazione. Verrebbe meno la cosiddetta “imputazione coatta”, cioè l’obbligo per il pubblico ministero di accettare la richiesta del giudice delle indagini preliminari che rileggendo il fascicolo non ha condiviso proprio la richiesta di non procedere con il giudizio.

Sul piano politico il Pd rimprovera a Delmastro soprattutto la sua scelta di non fare assolutamente marcia indietro sul pano politico rispetto agli attacchi pubblici nell’aula della Camera all’inizio di febbraio, fatti dal suo compagno di casa Giovanni Donzelli, nella sua veste istituzionale di capogruppo di Fratelli d’Italia, proprio in quanto disponeva delle carte passategli dà Delmastro. Ma non basta, perché dall’opposizione, con l’ex procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho, oggi deputato di M5S, ecco una durissima critica alla premier Meloni per gli attacchi alla magistratura veicolati attraverso fonti anonime. “Siamo di fronte a un conflitto tra poteri dello Stato, ad una democrazia sempre più debole - dice Cafiero intervenendo alla Camera - in cui la magistratura viene messa sotto accusa e le viene impedito di svolgere il proprio ruolo. La premier Meloni venga in aula a riferire, deve dire se quelle note sono a sua firma, se la responsabilità di quelle parole è sua. Il conflitto tra poteri e quanto di peggio possa accadere in una democrazia”.