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di Cristina Benenati

La Stampa, 10 giugno 2023

“È stato un anno difficile, i ragazzi sono senza bussola, sempre più aggressivi e insofferenti. Gli studenti sono fragili e tendono a non aprirsi con lo psicologo scolastico. È un momento delicatissimo, bisogna ripristinare il dialogo a casa e tra le famiglie e noi insegnanti”.

Tempo di feste di fine anno, di arrivederci e foto ricordo, ma è anche tempo di bilanci di un anno di scuola particolarmente difficile, nel quale è emerso con evidenza lo stato d’ansia dei ragazzi, sempre più aggressivi, intolleranti e irascibili. Atteggiamenti che preoccupano i professori, alle prese con adolescenti e ragazzi fragili e spaesati. L’anno era iniziato male, con il caso della docente di Rovigo colpita in aula da una pistola ad aria compressa e finito con il drammatico episodio dell’insegnante accoltellata da uno studente di 16 anni ad Abbiategrasso. Una violenza di cui si sono macchiati anche alcuni genitori, come accaduto nel Napoletano, dove un insegnate è stato picchiato per aver rimproverato la classe.

Molti gli insegnanti spaventati, tra loro c’è chi cerca di analizzare questo fenomeno, per tentare di capire cosa fare per aiutare i ragazzi. Elvira Fisichella, insegnante di Diritto a Latina, ha affrontato questo delicato tema anche sul giornale online “La Voce della Scuola”, spiegando innanzitutto cosa è accaduto negli ultimi anni.

“Ciò che è venuto a mancare è un rapporto di fiducia tra le famiglie e la scuola. Se nelle case dei ragazzi non c’è dialogo e si tende a svilire il ruolo degli insegnanti, è chiaro che a scuola avremo studenti e studentesse sempre più insofferenti e intolleranti al rimprovero. Ecco perché ad un minimo redarguimento può capitare che i ragazzi abbiano scatti d’ira: mancano dialogo e ascolto in famiglia e questo rende più difficile il nostro compito, soprattutto se i genitori non sono dalla nostra parte. Genitori e scuola devono tornare a fare fronte comune”. La pandemia ha di certo inficiato la serenità dei ragazzi, ma il problema è più profondo, secondo la docente. “La questione pandemia è un alibi, bisogna andare avanti, per me è servita solo ad abbassare l’asticella delle pretese degli alunni da se stessi, mentre per le famiglie ruota sempre tutto intorno al profitto. Le famiglie hanno a che fare con figli fragilissimi e pretendono sempre di più dagli insegnanti. Non credo sia utile essere troppo buoni o accondiscendenti con i ragazzi, bisogna piuttosto abituarli gradualmente al sapore della sconfitta dialogando molto, e anche al valore della cultura per se stessi, indipendentemente da famiglie più o meno disfunzionali, in triste aumento”.

Su questo delicato tema della violenza a scuola, della violenza dei giovani in generale, si è espressa anche Cinzia Mammoliti, criminologa e ricercatrice, che ha approfondito in alcuni libri la questione del narcisismo e della manipolazione relazionale.

“Il rapporto tra scuola e famiglia sta prendendo negli ultimi decenni una deriva preoccupante a causa dell’incongruenza educativa. La scuola in passato costituiva un validissimo supporto, adesso sembra un nemico. Questo accade in una società che sta portando avanti una cultura del non rispetto, del narcisismo e della superficialità. L’aggressività fa parte della natura umana, ma se tutto funziona si contiene e si circoscrive, si tengono gli argini che ora però stanno crollando. Gli insegnanti oggi si trovano di fronte a un compito molto difficile: rilevare subito indicatori di disagio in classe cercare di reprimere pesantemente episodi di bullismo o prevaricazione. Dispersione scolastica e scarso rendimento sono sicuramente altri indicatori di cui tenere conto. L’ascolto, l’inclusione, il coinvolgimento dei ragazzi e il rispristino del dialogo tra scuola e famiglia sono il passo decisivo, sono gli strumenti chiave per modificare questo stato di cose”.

Roberta Granata, insegnante elementare a Milano: “C’è un processo circolare che parte dalla società e poi si riversa su famiglie e bambini. Nella nostra società si punta ad avere il massimo da ogni situazione ma non ci rendiamo conto che questo si infrange dove inizia la libertà dell’altro. Bisogna lavorare ancora tanto sul concetto di rispetto degli altri, anche e soprattutto a scuola: abbiamo tutti pari diritto di portare avanti i nostri bisogni pur rispettando quelli degli altri. Questo è uno dei messaggi che cerchiamo di mandare ai bambini. Con loro lavoriamo sulla sensibilizzazione, sull’accettazione di realtà diverse. Questo è importante così come è fondamentale il nostro ruolo. Noi siamo il loro modello. Se siamo noi i primi violenti nel parlare, tenderanno a riprodurre questa violenza. Sono preoccupata del linguaggio aggressivo tra adolescenti, il campanello d’allarme c’è. Dovremmo educarli a riflettere anche sulla diversità di opinioni, ad esempio. La violenza che negli ultimi anni è stata protagonista anche nel mondo della scuola è frutto di una società che crede di poter insultare tutti senza conseguenze, passa un messaggio che si possa dire e fare qualsiasi cosa senza prendersi la responsabilità. Tanto non verrò punito, pensano. Il disegno di legge passato contro il femminicidio, in questo senso, è un buon inizio ma non basta. Si deve lavorare sulla società tutta, sul senso di giustizia e presa in carico di responsabilità”.