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di Paolo Pandolfini

Il Riformista, 2 gennaio 2024

Salvo imprevisti dell’ultimo momento, entro il mese è in programma l’insediamento del nuovo Comitato direttivo della Scuola superiore della magistratura, organismo quanto mai prestigioso con la sede principale a Scandicci e che si occupa della formazione e dell’aggiornamento delle circa diecimila toghe italiane gestendo un budget enorme, per la precisione circa 45 milioni di euro. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio alla vigilia di Capodanno ha nominato i cinque componenti di sua competenza: un magistrato, due professori e due avvocati. I sette componenti di competenza del Csm, sei magistrati ed un professore, saranno invece nominati nei prossimi giorni, tenendo conto che il mandato quadriennale dell’attuale Comitato direttivo termina il prossimo 30 gennaio e che il vice presidente Fabio Pinelli non ha alcuna intenzione di arrivare in ritardo all’appuntamento per il mancato accordo del Plenum. Una volta insediatosi il Comitato direttivo provvederà poi alla nomina del presidente della Scuola superiore. Fra i nomi scelti da Nordio, tranne quello della ex presidente della Corte d’appello di Venezia, la magistrata Ines Marini, nessuno sembra avere le carte per aspirare all’incarico di numero uno della Scuola, fino ad oggi sempre ricoperto dai presidenti emeriti della Corte costituzionale: Giorgio Lattanzi, Gaetano Silvestri e Valerio Onida.

Il presidente della Scuola superiore, quasi certamente, sarà allora scelto fra i sette componenti che dovrà nominare il Csm. E su questo aspetto è partito da giorni il pressing del quotidiano Repubblica per la progressista Silvana Sciarra, anch’ella ex presidente della Corte costituzionale. Professoressa di diritto del lavoro, Sciarra venne nominata giudice costituzionale nel 2014 in quota Partito democratico ed è cessata dal mandato lo scorso novembre. Insieme ad altri sessanta professori, Sciarra ha presentato domanda per quell’unico posto che dovrà assegnare il Csm. Il fatto che la domanda sia stata depositata quando era presidente della Consulta non è affatto piaciuto ai laici di destra del Csm, che saranno determinanti nella nomina dei sette componenti, e che risentono inevitabilmente degli “umori” dei partiti di riferimento, Fratelli d’Italia e Lega soprattutto, i quali non hanno mai apprezzato le sue esternazioni su migranti e gender e che vorrebbero dunque un cambio di passo a Scandicci con una personalità di orientamento culturale maggiormente affine. L’incarico di presidente della Scuola superiore, come detto, da tempo risulta essere appannaggio esclusivo degli ex presidenti della Corte costituzionale, preferibilmente se legati a doppio filo al Partito democratico o alle correnti di sinistra della magistratura. L’attuale presidente Lattanzi è un ex magistrato iscritto, quando era in servizio, al gruppo progressista Movimento per la giustizia, quello di Armando Spataro. Silvestri, professore siciliano, venne eletto alla Consulta nel 2005 in quota Pd e ultimamente è diventato l’opinionista di riferimento di coloro che sono contrari al premierato proposto da Giorgia Meloni. Onida, infine, è stato l’ideologo di punta dell’anti berlusconismo militante degli anni Novanta del secolo scorso e dei primi anni Duemila. Morto nel 2022, Onida fu anche fra gli ispiratori dell’Ulivo di Romano Prodi e nel 2010 si candidò alle primarie del Pd, poi vinte da Giuliano Pisapia, per sfidare la sindaca di Milano di centrodestra Letizia Moratti. Quando Matteo Renzi venne eletto segretario del Pd, Onida uscì dal partito, iniziando una opposizione durissima alla nuova dirigenza. Nel 2016 si schierò con decisione per il No al referendum costituzionale, dando vita a numerosi comitati. Considerati i precedenti, è di tutta evidenza che la nomina di Sciarra non sia ben vista da parte della maggioranza di governo. Dopo i casi Santanché, Delmastro, Larussa junior, e Crosetto, c’è il fondato timore di commettere errori sulla giustizia, come quello ad esempio di lasciare la formazione dei magistrati sempre in mano a figure di riferimento della sinistra.