sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Filomena Gallo*

La Stampa, 11 agosto 2023

Sul fine vita l’Italia si sta avvicinando alla Svizzera senza che il Parlamento si occupi della materia. Il merito è del coraggio delle persone malate che hanno agito alla luce del sole, delle azioni di disobbedienza civile e dell’esercizio della responsabilità professionale di medici e giudici. Esistono ormai i precedenti giudiziari e amministrativi per accogliere legalmente in Italia, oggi, le richieste di aiuto al fine vita da parte dello stesso segmento di popolazione che ottiene legalmente l’eutanasia in Olanda. Nell’indifferenza dei partiti, abbiamo ottenuto riforme tanto profonde quanto sconosciute. Per questo è fondamentale riepilogare e fare chiarezza.

Era il 22 novembre 2019 quando la Corte Costituzionale emanava la sentenza 242 di incostituzionalità parziale dell’articolo 580 del codice penale, nel cosiddetto caso Cappato-Antoniani. Nella sentenza fu individuata un’area circoscritta in cui l’incriminazione per il reato di aiuto al suicidio non è conforme alla Costituzione e dunque non è punibile, ovvero quando l’aiuto riguarda una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale, affetta da una patologia irreversibile, fonte di intollerabili sofferenze fisiche o psicologiche, pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli e quando tali condizioni, insieme alle modalità per procedere con il suicidio assistito, sono state verificate dal sistemo sanitario nazionale con il parere del comitato etico competente per territorio. In base alla legge sulle disposizioni anticipate di trattamento del 2019, il paziente in tali condizioni può già decidere di lasciarsi morire chiedendo l’interruzione dei trattamenti di sostegno vitale e la sedazione profonda continua, che lo pone in stato di incoscienza fino al momento della morte. Il medico è tenuto a rispettare questa decisione. La Corte, alla luce del fatto che il Parlamento non era intervenuto con una legge, ritenne di dover porre rimedio alla violazione riscontrata affinché non fosse limitata irragionevolmente la libertà di autodeterminazione del malato nella scelta dei trattamenti, compresi quelli finalizzati a liberarlo dalle sofferenze, garantita dalla Costituzione.

Fabiano, Davide, Federico, Antonio, Fabio, Stefano, Gloria e poi Anna e Laura sono persone che avevano o hanno in comune una sofferenza che reputano intollerabile, determinata da malattie diverse, forme diverse di sostegno vitale e la piena capacità di autodeterminarsi per cui chiedono o hanno chiesto di accedere all’aiuto alla morte assistita. In tutti questi casi, i medici, nell’applicare quanto scritto dai giudici della Consulta, hanno definito per ogni persona cosa sia un trattamento di sostegno vitale. Con l’eccezione di Laura, in Umbria, che attende da mesi che nella sua regione sia applicata la sentenza della Corte Costituzionale con tutti gli adempimenti necessari. Nel frattempo, ci sono casi di persone malate che hanno scelto di non attendere in Italia le verifiche che hanno tempi lunghi e forse interpretazioni diverse e con l’accompagnamento di Marco Cappato, Felicetta Maltese, Chiara Lalli e Virginia Fiume sono andate in Svizzera dove l’aiuto al suicidio non è vietato. Sono casi all’attenzione della magistratura, essendosi gli accompagnatori tutti autodenunciati al loro ritorno in Italia.

In Olanda, uno dei primi Paesi a regolamentare la materia, in venti anni di applicazione della legge sono state 91.565 le persone che ne hanno usufruito. Nel 2022, sono state 8.720 le persone che hanno ottenuto l’aiuto medico alla morte volontaria: il 10,3% di loro aveva più di 90 anni, il 59,4% tra i 70 e i 90 anni, mentre il 27,1% tra i 50 e i 70 anni. Se guardiamo alle patologie che hanno motivato la richiesta, nel 57,8% dei casi si tratta di tumori ormai incurabili, nel 16,4% dei casi di polipatologie irreversibili e nel 7% dei casi di malattie neurodegenerative. La maggioranza delle patologie che hanno motivato la richiesta in Olanda sono le medesime per cui, oggi, le persone malate hanno potuto procedere anche in Italia. Ciò significa che in Italia, in base alla giurisprudenza, i precedenti del Veneto e del Friuli già garantirebbero alla quasi totalità dei pazienti che ne facessero richiesta l’accesso legale all’aiuto alla morte volontaria, proprio come in Svizzera. Ma cosa manca? In alcune regioni - nonostante il tentativo dell’Associazione Luca Coscioni con la campagna Liberi Subito di proporre una normativa mirata e rispettosa delle competenze regionali - manca la volontà politica di rispettare la sentenza della Consulta sul caso Cappato e in Parlamento manca la volontà politica di rispettare le scelte delle persone. Oggi una legge serve per loro. Intanto tra tribunali e disobbedienze, l’Associazione Luca Coscioni con le azioni portate avanti a partire da Piergiorgio Welby, ha determinato giurisprudenza, diritto, diritti riconosciuti per tutti coloro che vogliono essere liberi di scegliere e autodeterminarsi.

*Segretaria dell’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica